Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) VI.djvu/142

Da Wikisource.


Entra Menelao, in sordide e lacere vesti. Procede spaurito e guardingo.

menelao

O tu che a Pisa un dí contro Enomao
con le quadrighe gareggiasti, o Pèlope,
deh, se quel dí che t’inducesti a offrire
ai Numi un pasto, abbandonata avessi
la vita, pria di generare Atrèo,
il padre mio, che dal giaciglio d’Èrope
Agamènnone e me, Menelao, s’ebbe,
fulgida coppia: ché gran gesta io reputo,
e non è vanto il mio, tutto un esercito
sopra le navi a Troia aver condotto,
non qual sovrano a forza conducendolo,
ma comandando a giovani dell’Ellade
di lor grado venuti. E puoi far novero,
di que’ che piú non son, di quei che al pelago
lieti sfuggiti, recano alle case
dei cadaveri i nomi. Ed io, sul glauco
estuare del mar vo’ errando, misero,
dal giorno che le torri abbattei d’Ilio,
e alla patria tornar bramo, ed i Numi