Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) VI.djvu/168

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ELENA 165

annoverato essere vo’ tra i nobili
servi, e di nome pur non esser libero,
ma sí di cuore: è meglio ciò, che due
mali patire, essendo uno: dovere
servire ad altri, e aver maligno il cuore.

menelao

O vecchio, tu che assai fatiche in guerra
per me patisti, assai travaglio, adesso
di mia nuova fortuna anche partecipe,
ai miei compagni récati, ed annuncia
tutto ciò che vedesti, e la mia sorte;
e che restino al lido, e quivi attendano
le prove, che, son certo, ancor m’attendono,
e se rapir potrò costei, procurino
che, d’una sorte ugual resi partecipi,
sfuggiamo, ove si possa, a questi barbari.

nunzio

Signore, obbedirò. Ma bene ho visto
quanto son vani e di menzogna pieni
i responsi dei vati. Ombra di vero
dunque non c’è nel fuoco degli altari,
degli uccelli nel canto. È stolto credere
che gli uccelli giovar possano agli uomini!
Quando Calcante i suoi compagni vide
a morte andar per una nube, tacque,
nulla disse alle schiere: Èleno tacque,
e per un’ombra fu Troia distrutta.
Forse dirai che non lo volle il Nume.