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perché non la pigliamo sul serio. Anzi, non riusciamo a credere alla sua esistenza. Essa ci sembra il fantasma; e la vera Elena quell’altra, quella che andò a Troia in carne ed ossa, che probabilmente ebbe reale esistenza, e che ad ogni modo aveva ricevuta vita nel mondo del mito e dell’arte, per opera di Omero.

L’adultera. Ma l’adultera tanto bella, che strappava parole d’ammirazione perfino ai vecchioni di Troia, che tanto pativano a causa del suo peccato:

Biasimo no, non è, pei Troiani e gli Achivi guerrieri,
se per tal donna tanti patiscono lunghi travagli:
troppo l’aspetto suo somiglia alle Dive immortali.

E poi, le oneste matrone che stanno in casa e filano la lana, vanno benone per la famiglia e pel tranquillo assetto sociale; ma ai fini del dramma tragico, valgono assai meno: l'interesse, e sia pur morboso, degli spettatori, s’è concentrato sempre, immancabilmente, sulle grandi peccatrici.

E, per giunta, Euripide ha voluto strafare. La sua Elena dice:

                         Oh, se potessi perdere,
come un quadro, le tinte, e una parvenza
piú brutta, invece della bella, assumere.

Non è facile attingere un piú alto grado di falsità. E quanto non c’interessa piú l’Elena delle Troiane, che, anche in un momento per lei fatale, non dimentica di farsi bella; e quella dell’Oreste, che, per il lutto della sorella, recide, sì, le chiome; ma solamente agli apici, per riguardo alla propria estetica. Tratti che spingono la tragedia verso i confini della commedia, siam d’accordo. Ma mille volte piú veniale, nel campo dell’arte, questo peccato, che non l’indeterminatezza e