Pagina:Tragedie di Sofocle (Romagnoli) I.djvu/17

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xviii PREFAZIONE

l’«Edipo re», in ultima analisi fa un po’ illanguidire l’essenza tragica.

Sotto altra luce si devono considerare i personaggi comicizzanti — la guardia dell’«Antigone» e il pastore dell’«Edipo Re». — Se li guardiamo sotto l’aspetto della comicità, non scemano la tragicità del dramma, ma solo accentuano il suo carattere poco accademico, come avviene anche per le «Coefore» di Eschilo. Gli umili parlano da umili, e non si gonfiano quasi al pari degli eroi, come fanno nelle tragedie di maniera.

Ma invece, se li consideriamo nella loro condizione di creature umili, borghesi, vediamo súbito che essi sono membri di una famiglia che ha suoi rappresentanti in quasi tutte le tragedie di Sofocle: il messo di Corinto, ancóra nell’«Edipo re», il pedagogo di Oreste nell’«Elettra», la serva, il nunzio, la nutrice di Deianira, il vecchio popolano ne «Le Trachinie», il finto mercante nel «Filottete», il contadino e i vecchi nell’«Edipo a Colono».

Ora, questa abbondanza, segna certo una predilezione di Sofocle; e segna ancora un altro gradino onde la tragedia declina dalla sua altezza ideale.

Gli sfondi su cui si svolgono le vicende dei drammi di Sofocle, non si impongono alla nostra fantasia cosí nitidi, cosí imperativi come quelli di Eschilo, massime nei cinque drammi che precedono il «Filottete» e l’«Edipo a Colono».

Ma ciò non deriva da minori facoltà del poeta: ché, anzi, luminosissimi sprazzi attestano qua e là chiaramente le sue doti di paesista.

E li troviamo spesso in principio, quasi per dare il tòno.