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LE TRACHINIE 109

lirico, che rimane unica nel teatro di Sofocle, e si avvicina piuttosto al tipo eschileo.

Ed eschilei sono anche altri particolari.

Il titolo, per esempio, desunto dalle persone che costituiscono il coro, come avviene in Eschilo, mentre invece Sofocle suole derivarlo dal nome del personaggio principale.

Poi, l’assoluta negligenza dell’unità di tempo, rigorosamente mantenuta negli altri drammi di Sofocle. Qui, invece, nello spazio di poche ore, i personaggi fanno allegramente la spola fra Tràchide e l’Eubea.

Talune scene sono poi foggiate addirittura sopra scene eschilee. L’arrivo di Iole, per esempio, su quello di Cassandra. Il suo silenzio è simile a quello che serba, all’inizio della scena, la sventurata figlia di Priamo. Il delirio d’Èrcole è anche, in qualche punto, sotto l’influsso del delirio di Cassandra. E su Deianira si allunga, per quanto languida e deformata, l’ombra di Clitemnestra. Anch’essa concepisce gelosia per una schiava condotta dallo sposo, e anch’essa mostra da principio una mitezza e una generosità che forse non sono sincere, e che certo sono smentite dai fatti.

Allineate queste risonanze eschilee, convien súbito soggiungere che però non è facile immaginare scene sostanzialmente meno simili alle eschilee.

Il tòno fa la musica; e il tòno è qui dato dal personaggio di Deianira. Vediamolo un po’ da vicino. E guardiamolo addirittura riflesso nel lusinghiero specchio delle parole del Jebb. «Essa è un tipo perfetto di gentile femminilità. Tutta la sua vita è trascorsa in casa. Chiunque l’avvicini, è vinto dal suo fàscino. È piena di generosità e di tenera simpatia per l’inesperienza e la sventura. Sin dalla prima giovinezza, non ha provato che ambasce, appena interrotte da fuggevoli sprazzi di felicità, nei rari e brevi ritorni di Ercole alla sua casa. È devotissima allo sposo; ma la devozione appare meno