Pagina:Tragedie di Sofocle (Romagnoli) III.djvu/122

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56-76 LE TRACHINIE 119

Deh, ricevuto per la mia sciagura
non l’abbia! Ai Numi ognor prece ne volgo.
Dalla casa esce un’ancella.
ANCELLA
Deianira, signora, io ben sovente
pianger ti vidi tutte le tue lagrime,
gemer, crucciarti, per l’assenza d’Ercole.
Or, se concesso è d’ammonire i liberi
coi consigli dei savi, io debbo dirti
quello ch’io penso. Come? Hai tanti figli,
e nessuno ne mandi alla ricerca
del tuo consorte? Illo non mandi, a cui
piú che ad ogni altro converrebbe al padre
pensar, se mai prospero vive? Ed eccolo
che, saldo in gamba, a questa casa corre.
Sicché, se pensi ch’io parli a proposito,
di lui servirti puoi, come io consiglio.
Entra Ilio.
DEIANIRA
O figlio, o mio fanciullo, anche dall’umili
bocche, saggi discorsi uscire possono:
schiava è costei, ma favellò da libera.
ILLO
E come? Se puoi dirlo, o madre, dimmelo.
DEIANIRA
Che tuo padre, da tanto in terra estranea
viva, e il dove tu ignori, è gran vergogna.