Pagina:Tragedie di Sofocle (Romagnoli) III.djvu/20

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185-208 ELETTRA 17

Giove che tutto vede e tutto domina.
Lascia l’aspro tuo sdegno, e per chi abòmini
troppo odio non aver, né troppo oblio.
Ché tutto il tempo agevola;
né il figlio d’Agamènnone,
ch’or vive in Crisa di giovenchi altera,
scorda il di del ritorno, e non il Dio
che d’Acheronte presso il fiume impera.
elettra
Ma senza speme il piú già del mio vivere
passò; né forza v’è che piú mi regga.
Senza figli mi macero,
senza sposo che m’ami e mi protegga.
E quasi indegna qui vivo ed estranea,
nella casa del padre; ed una stola
cingo alle membra sordida;
e seggo a mensa abbandonata e sola.
coro
Strofe III
Sorse, al ritorno, un ululo
pi’etoso dal talamo del re,
allor che della bronzea
mascella il colpo su lui s’abbatté.
Diede Frode il consiglio. Amor percosse:
con orrendo connubio, a luce il germine
diedero entrambi d’una orrenda immagine,
sia che di Nume o d’uom l’opera fosse.