Pagina:Trattati d'amore del Cinquecento, 1912 – BEIC 1945064.djvu/137

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Baffa. Deh, signor Lodovico, non vi fate le donne tanto nemiche a torto !

Domenichi. Facciano al piacer loro. Il buon medico è sempre tenuto al vero.

Baffa. Ditemi, non fu dunque villania batter la donna?

Domenichi. Signora mia, no.

Baffa. Non sapeva egli con miglior modo levarsi?

Domenichi. Forse che no. Perché, s’avesse lasciato passare quella occasione, lo sdegno anco se ne sarebbe gito; onde ella, piú fatta superba, un’altra volta gli avrebbe potuto comandare qualche altra impresa, la quale, senza forse, non gli sarebbe riuscita cosí miracolosa come fu questa.

Baffa. Risolvetevi, ché tutte le vendette, le quali si pigliano delle donne, sono discortesie; perché chi non vuole l’amicizia loro, oltra che per opra se non cattiva non può essergli nemico, le può lasciare. Quando egli avesse operato tale effetto con un altro suo pari, a fé si ch’io lo lodare?; ma con una donna non si deve, a ragione, punto lodare, anzi infinitamente biasimare.

Domenichi. Questamon fu vendetta, ma ricordo. E, quando anco vogliate ch’ella fosse discortesia, giá non mi negherete che l’atto primo della donna non fosse aperta villania.

Baffa. Egli è il vero. Però vi domando: qual fu maggiore?

Domenichi. Quella della donna, perché in altro non dovete stimare il cavalier discortese se non d’averle battuta la gota.

Baffa. E questo vi par poco?

Domenichi. Ma, se fece questa opra, la quale pur volete chiamar «villania», non fu di gran lunga maggior la cortesia, che li fece, d’andare a manifesto pericolo di morte? Perché vi piacerá compensare l’uno con l’altro effetto, e poi mi favellarete. Ma che quella della donna non fosse maggiore non si negherá mai: a mandare a morire chi, piú di se stesso, amava la vita di lei.

Baffa. Forse cosí d’improviso vi corse, che pur non ebbe tempo di dirgli che si rimanesse.

Domenichi. Questa non è buona ragione; imperoché, se ragionava seco, veduto il suo buon animo, se ciò avea fatto per