Pagina:Trattati d'amore del Cinquecento, 1912 – BEIC 1945064.djvu/198

Da Wikisource.

vi fa dubitare a conceder quello che conoscete di non poter negare?

Tullia. Ho paura di quello che mi potrebbe intervenire. Io non so, io. Questi loici ingarbugliano altrui il cervello alla prima, e dicono «si» e «no»; e vogliono che tu dica «si» e «no» a loro posta, e mai non cessano infino che la loro stia di sopra o a torto o a ragione. Tal che, per me, gli soglio aguagliare a’ zingani, quando fanno a che l’è fora.

Varchi. Non potevate mostrarmi con piú efficace argomento che io non fossi loico, conciosiacosaché la loica fa tutto il rovescio a punto di quello che pensate.

Tullia. Oh, voi non mi coglierete! Io non intendo di quella buona, ma di quella sofistica, che s’usa oggi.

Varchi. Lasciamo star quello che si usa oggi, e rispondetemi se mi volete conceder con le parole quello che mi avete conceduto co’ fatti.

Tullia. Voglio: ma che sará per questo?

Varchi. Non altro se non che, se io vi proverò che Amore non abbia fine, sará sciolto il vostro dubbio.

Tullia. Adagio un poco! Voi risolvete le cose molto tosto. Io, per me, credo che ci siano ancora di cattivi passi, e non so veder né acconciarmi nel capo questa vostra conseguenza, ed averei caro la dechiaraste piú lungamente ed agevolmente; ché ad ogni modo è buona ora, e qui, penso, non è alcuno che abbia che far cosa che piú gl’importi o piú gli sia a grado che questa.

Varchi. Ben so che voi sapete benissimo ogni cosa, ma fate per farmi dire, ed io sono contento. Ditemi: «amore» ed «amare» non sono una cosa medesima?

Tullia. Dite voi da dovero?

Varchi. Da doverissimo.

Tullia. Eh, lasciate le ciance! Io vi chieggo che voi favelliate piú chiaramente, e voi entrate in baie e ci volete far ridere. In buona fé che io non vi avea per si faceto, non vo’ dir per tanto baione.

Varchi. Rider volete voi farine! Lasciate ir le ciance voi, e rispondetemi a quello che vi domando.