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44 trattati d'amore del cinquecento


l’anime beate non è altro che cercare di vedersi tornate la onde hanno avuto origine. E però la descrizione, che giá buona pezza fa diceste, signor Lodovico, ch’Amore sia un circolo buono, dal buono nel buono perpetuamente rivolto, è questa. Percioché l’anima va rivolgendosi prima nella contemplazione dell’anima intellettuale, figurando le bellezze di quella; poi si ricongiunge con la spirituale; finché s’unisce al primo principio onde è stata levata. Perché ben dice Dante come si resta e si diventa, quando si giunge dinanzi a quel vero principio, mezzo e fine di tutte le cose, nell’ultima cantica:


               A quella luce cotal si diventa,
          che volgerse da lei per altro aspetto
          è impossibil che mai si consenta.
               Però che ’l ben, ch’è del voler obietto,
          tutto s’accoglie in lei; e fuor di quella
          è defettivo ciò che li è perfetto.



Ed anco la contentezza dell’anime beate può somigliarsi all’acque, le quali disperse vanno vagando, tanto che si congiungono col mare, sí come loro capo. Cosí l’anima, non veggendosi altro appoggio fido, per trovar vero riposo, che tornare al suo primo principio, tutta s’infiamma di Dio e niente piú apprezza le miserie umane.

Baffa. A che piú proprio si può somigliare la contentezza delle anime beate? Chè questo vostro paragone non mi sodisfa a pieno.

Raverta. Non saprei che piú propria similitudine darvi; perché l’anima, fatta beata, non può avere contentezza maggiore ch’essere unita a quella beatitudine che deriva da Dio. E prima che a quella felicitá s’avicini, è simile ad una gocciola d’acqua tolta dal mare, la quale, cosí stando, è niente; ma di nuovo votata in quello, s’estende con quell’altra abondanza d’acque, né piú si vede partita, ma con tutto il mare esser divenuta quello istesso, godendo della medesima ampiezza, né piú è gocciola d’acqua, ma è fatta mare. Tale è una anima beata, la quale in sè è niente, ma, pervenuta a quella felicitá, si diffonde e