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Pagina:Trattati d'amore del Cinquecento, 1912 – BEIC 1945064.djvu/66

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60 trattati d'amore del cinquecento

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Baffa. La fama delle sue ribalderie m’ha riempiuto gli orecchi da Piacenza fin qua; oltra ch’io n’ho vera notizia per le scritture famose e degne di fede, nelle quali il virtuoso Doni ha fatto immortale sì vile e disonorata persona.

Raverta. A fè, signora, che sofficientemente ne dite male.

Domenichi. Sarebbe peccato a tacere il vero.

Baffa. Resta che, avendo contentati voi in mostrarvi questa lettera, che debbiate anche contentar me, ritornando all’incominciato nostro ragionamento.

Raverta. È bene onesto.

Baffa. Incominciate dunque voi, signor Ottaviano, perché il signor Lodovico deve essere presso che stanco, avendo tanto letto.

Domenichi. Si, per Dio.

Raverta. Così sia. Ma a voi sta il dar principio. E state di buon animo, ch’io son disposto di spendere tutto il rimanente del di d’oggi in servizio vostro, ché meglio non posso fare.

Baffa. Parecchi sono i dubbi e molti i quesiti dei quali ricerco essere rissoluta. E, perché a ciascuno da per sè si può dar fine, non mi curerò piú dall’uno che dall’altro dar principio. Ed ora che questo mi occorre nella mente, voglio ch’egli sia il primo; e però vi piacerá risolvermi e con alcuna ragione mostrarmi: Qual sia maggior difficultá: fingere amore non amando, o amando dissimulare di non amare?

Raverta. Dirovvi, rispondendo, in questa ed altre simili cose, naturalmente, non però senza ragione. L’uno e l’altro ho per difficilissimo: perché, a volere mostrare quello che non è in noi, bisogna grandissimo artificio usare. E prima: se si vorrá fingere amante non essendo, se sará uomo, potrá ben col passeggiare; se donna, col far copia di sè, nel lasciarsi spesso vedere; e l’uno e l’altro col mandar lettere, ambasciate, col mover sospiri, se gli sará concesso d’essere alla presenza della donna, non rimanersi dallo spendere, continuare l’impresa, per giungere non al desiato, ma all’ostinato fine. Ma sará impossibile, impossibile dico (percioché ciò non è di nostro volere, anzi viene dai movimenti dell’animo) che al conspetto dell’amata, se non è vero