Pagina:Trattati del Cinquecento sulla donna, 1913 – BEIC 1949816.djvu/101

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angoscia 95


al quale è data, gli pare che facilmente ciascuno da lei fuggirebbe piú tosto che si accostarebbe, spezialmente conoscendo la sua mala voluntá. Imperò, sapendo il mio maestro che oggi se vive con grande arte, dimanda: — O Socrate, dimmi, qual è la sua arte? — Sí come volesse dire: — È egli forse sua arte di sarcir retagli minuti, e di fare sensaria di robbe d’altrui; o di pistare le carulate droghe, per darle in bevanda alli malsani; o di latte ristretto, offerendo a’ villani di far mal peso, o d’impastare il puzzolente tridelo, per vendere a’ poveri e bisognosi, ridutto in pane; o cangiar moneta falsa, picigando quatrino a quatrino; o va offerendosi a chi la vuole per meno d’un baiocco? — Non è alcuna di dette la sua arte — rispose il savio vecchio. — Perché ha molto piú sottil arte che non è alcuna di queste, anzi è piú perfetta che non sono tutte le dette raccolte insieme, talmente che se vedesseno in un medesimo tempo operare da uno perfettissimo corpo. Percioché la donna con la sua arte supera e vence colui che avesse le sette arte liberali, percioché è piena d’inganni, anzi li suoi vestimenti sono strapuntati di laccio di fraude. Perciò voglio che tu sappi che alla donna di questi tempi cede la castitá di Dafne, qual per conservare la castitá propria sprezzò molti, ed esso Apolline, come si favoleggia; la pudicizia di Biblia romana, che alli suoi tempi fu specchio di castitá. Dula, qual pria vòlse morire d’arme del soldato che da lui essere violata; Fara, donzella che, lagrimando senza fine, diventò cieca, pria che volesse consentire al maritaggio; e le tedesche captive, che, per conservare la castitá, non impetrata la grazia da Mario che fosseno poste fra le caste monache, se suspesero per la canna, cedeno a l’arte de la mia donna. Imperò voglio che sappiate che cosa è suo l’inganno, perché cosí conoscerete la sua arte. Dico che l’inganno è ciascuna astuzia: overo astuzia, fallacia e sollicito pensiero d’ingannare; overamente l’inganno è opera astuta, trovata a essequire un tristo fine. E detto inganno pria si odde in parole, poi si vede in effetto. E, peroché gli è cosa d’uomo saputo di saper guardarsi dal detto male, imperò, per essere cosa diffícile di conoscere la fraude ed il fraudatore, perciò avisarò quel credulo amante, come per suo potere