Pagina:Trattati del Cinquecento sulla donna, 1913 – BEIC 1949816.djvu/123

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angoscia 117


e la compagna di Safo, Damofila, cedesse alla prudenza e dottrina della vostra donna, direte che vi pare cosa conveniente che, con tanta dottrina, insieme con le dette, sia «furore pieno di superbia e mar senza quiete». Se ben fosse piú religiosa di quella donzella che fu perfetta nella Sacra Scrittura, piú dotta in cose pitagoriche che non fu la sua figlia, piú perfetta di quella che udiva Socrate leggendo, piú lodata di quella troiana che fu essaltata nel tempio da’ suoi nemici, chiaramente confessarete che la vostra donna non ha alcuna legge nè freno. E, se pure fosse come la damigella milanese che di quatordeci anni era eloquente, e piú savia di Isotta Novarola veronese, nè quelle nè la vostra donna possede ragione. Imperò direte non essere cosa umana, percioché vive senza freno, attendendo sempre al studio d’inganni, ed alli suoi amici offerendo cose di morte sotto di dolce ragionamento, inclinata a l’ornamento, per struggere quanti amici mai potrá avere, nè mai cerca di sodisfare ad alcuno appieno, anzi gode di doglia nostra. Ed allora trionfa quando noi si lamentamo con tutto il cuore, nè mai cena volentieri salvo quando spoglia alcuno. Perciò guardatevi di parlar spesso, di udire suoi canti, di non andare da lei quando vi acenna, di spassarsi di alcuno suo riso, percioché con queste arme vi disarma. Il che facendo, sarete lodati piú di qual vòi fortissimo capitano: altrimenti acquistarete infamia, disiarete morte, non mai sarete senza angoscia, e, spesso andando e stando, mesti, goderete solo del vostro pianto.