Pagina:Trattati del Cinquecento sulla donna, 1913 – BEIC 1949816.djvu/127

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Nifo e Socrate.

Nifo. Che cosa è donna?
Socrate.  Furia proterva;
carca di fausto e di superchio sdegno.


Biondo. Senza alcun dubbio confesso a voi, ciechi amanti, che la natura, rettrice de l’uomo, non senza la gran cagione ha conspcrso l’uomo di molto umore; e questo accioché lui possa restare ad ogni gran fuoco. Ed ancora piú oltra io confesso che Iddio ha datto solo a l’uomo che con l’intelletto possa penetrare persino alle cose divine, e piú, che nel proprio operare usasse la sua discrezione, sí come usa il fabro l’arteficio nel fabricare de l’opere di ferro. Imperò, per virtú divina operando il mio intelletto, comprendo che Nifo e Socrate, miei maestri, apparendomi piú volte, son fatti non solo miei instruttori, ma ancora participi de tutti gli miei affanni. Percioché, doppo tanti anni loro ombre apparendomi, si mostrano miei soliciti consolatori, placando il mio dolore col ragionamento, circa il fatto della mia donna. Sí che, essendoli manifesto che chi è tormentato dalla sua donna non solo in presenzia, ma ancora in assenzia, non è sano, nè egli è infermo, nè suo di sè si dimanda, nè di altrui si giudica essere, nè si stima esser ignorante, con tutto ciò che egli non è uno de li prudenti, gli è ben vero che talvolta crede essere animal selvagio, ed alle volte se conosce di avere intelletto, ragion e memoria; nondimeno, per essere troppo sensuale, si perde. Pertanto, conoscendo il mio maestro ch’io a pena respiro, anzi vedendo che coglio il fiato per mandarlo a Dio, cerca de consolarmi, ragionando pure della mia donna con Socrate, accioché non mi fia sì nero il giorno come giá si vedde essere la notte; perché la donna mia me ha consumato quanto