Pagina:Trattati del Cinquecento sulla donna, 1913 – BEIC 1949816.djvu/14

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8 i - dialogo


Margarita. È assai. Io, per me, tengo che voi ve n’andarete in paradiso ritta ritta. Ma che vuol dir che voi non venite da me cosí spesso come solevate?

Raffaella. Io ti dirò il vero, figliuola. Son restata molte volte di venirci, perchè conosco che le vecchie e povere, come son io, non danno se non fastidio dove le vanno; ma non è mancato per questo che io non mi ricordi sempre di te, e sempre prego Dio per tutta la casa tua, quando si dice la Magnificat al vespero di San Francesco.

Margarita. Avete il torto, madonna Raffaella, a pensar di darmi fastidio, quando venite in casa mia; anzi piglio sempre piacere di ragionar con esso voi. E voi sapete quanto mia madre avea fede alle vostre parole ed a’ vostri consegli, e quanta consolazione ne pigliava. E il medesimo fo io.

Raffaella. Oimè! E che consolazione può dar una che è d’avanzo in questo mondo?

Margarita. Basta ch’egli è come vi dico; e voi sapete se vi avián fatto sempre carezze.

Raffaella. È vero. N’avete fatto piú ch’io non merito.

Margarita. Dunque perché non ci venite piú?

Raffaella. Per dirti la cosa com’ella sta, io mi guardo piú che posso dal venirci, non perché io non goda di vederti, ma perché io non ci vengo mai che non m’intervenga cosa de la quale mi fo gran conscienza con messer Domeneddio.

Margarita. Oh! questo perché?

Raffaella. Mi vergogno, Margarita, pur a pensarlo, non che a conferirlo con altri: però lasciamolo andare.

Margarita. Come! Dunque vi vergognate a conferire le cose vostre, che sapete ch’io vi tengo in luogo di madre?

Raffaella. Che so io! Se venisse a l’orecchie d’altre persone...

Margarita. Voi mostrate d’aver poca fede in me, se dubitate che io confidi in altri cosa che non vogliate.

Raffaella. Promettemi di tenere la lingua in bocca.

Margarita. Statene sopra la mia fede; e dite, via, di grazia, ché io non posso pensar che cosa questa sia.