Pagina:Trattati del Cinquecento sulla donna, 1913 – BEIC 1949816.djvu/20

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14 i - dialogo

cosí rimessa ed abietta, come tu stai, e gittar via cosí gran bellezza, com’è la tua, tanto scioccamente quanto tu fai, che almanco tu ti godessi continuamente ne’ tratenimenti del tuo marito, benchè le carezze e i piaceri co’ mariti son poco manco sciapiti e disutili che sieno a queste monache i trastulli dei lor passatempi. Oimè! Che m’hai detto! Or che fará egli per l’avenire, se ora, ch’egli t’ha fresca in casa e si può dir sposa, ti tratta cosí? E’ mi vien certo una compassione di te la maggiore che si credesse mai, perchè io veggo chiaro, chiarissimo, come in un specchio, come tu vieni negli anni di qualche cognoscimento, hai da rimordertene e disperarti e arrabiarne di sorte, che questa disperazione ti metterá fra i denti del diavolo viva viva. E come puoi viver, meschinella, a questo modo?

Margarita. Io vi confesso che mi sa malagevole. Ma mi son sempre appiccata ai consegli che mi die’ mia madre poco tempo inanzi che ella morisse.

Raffaella. Oh Dio, quanti errori si fanno, non conoscendo per poca pratica de le cose! S’ella avesse vissuto vinticinque o trent’anni piú, avrebbe conosciuto, con tuo gran danno, l’error suo. Ma dimmi un poco: come è amorevole di te il tuo marito quel poco tempo che egli sta in Siena?

Margarita. Tutto quello che io fo è ben fatto; non mi riprende mai di niente. E questo lo fa, perchè la sua natura lo sforza a far cosí, o vogliam dir per doppocagine, non giá per amor che mi porti.

Raffaella. Lo credo. Perchè, se t’amasse, non farebbe sí longhe pause a tornar da te; anzi non ti lassarebbe mai, e massime ch’egli è ricchissimo e non ha bisogno d’andarsi aviluppando per le Val d’Ambre.

Margarita. Questo è vero, ch’egli è ricco. E d’ogni cosa potrei disporre io, quando me ne deliberassi; ma, come v’ho detto, mi son sforzata, contra mia voglia, di non curarmene.

Raffaella. Tanto piú sei una simplicella: chè sarebbe pazzia cotesta, quando la facesse madonna Lorena o la tua cognata e mille altre brutte che ci sono; non che, Dio! tu, che sei tenuta la piú delicata bellezza che sia oggi in Siena.