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Pagina:Trattati del Cinquecento sulla donna, 1913 – BEIC 1949816.djvu/219

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pena 213


con tutti questi casi ancora, la donna non deve avere libertá del venire nel publico, nè ciò li se debbe concedere per via di loro pianti e pietose lagrime, imperoché, non la pietá di sua, fatti schiavi, nè imposte del principe le muoveno a mostrarsi nel publico, ma il proprio furore. E per tal cagione si ornano di vario drappo di purpura e di recami e vestimenti piú levi del vento, inaurate, inarzentate, impernate e divisate con infinite giogge, come se mostrasseno de trionfare di quello che dicono di dolersi ed attristarsi. Deh, maritati, o voi che senno avete, ditemi: che vi pare di nove fogge? di questi novi, ma lusuriosi vestiti e portamenti? dico tanto degli uomini quanto delle donne. Deh, Dio! quanto è grande l’errore umano, ché oggi l’estrema avarizia regnar si vede, e la pompa lusuriosa crescere: il che mi pare dua contrari, che non possono star insieme. E pur si vedeno! Oh, quanto serebbe meglio, o maritati, che le vostre intrate cresceseno, che li vostri figliuoli diventasseno savi e prudenti, che ’l regno di cristiani si stendesse come si vede crescer quel di infedeli! Nondimeno, tutto il contrario vedendosi, dicovi che l’imperi e Stati grandi la donna pomposa, overo la pompa donnesca, ha rovinati, anzi destrulti. E questo non per altro vi dico, o maritati, salvo accioché la vostra fortuna alla giornata diventi piú lieta e migliore, e che creschino le vostre intrate come l’imperio romano. Qual prego Iddio che si possa stendere de lá di Grecia e di Asia ancora, e che di giogge levantine posciate ornare le donne e li trofei, secondo il vostro appetito.

Ed a me, pregovi, perdonate, percioché la presente opera scrissi per sfocar la mia mente piú tosto che non feci per narrarvi il fatto della donna, perché mi persuado che voi ancora sappete tuto quel che io ho discorso ne li miei ragionamenti. E voi, donne grate agli uomini, madre venerande, mi perdonate, di grazia vi prego, se in cosa v’avesse offeso, apropriandovi quel che non fosse conveniente a voi. Ma, conoscendo voi che io abbia detto le doti e vostre proprietá non note a ciascuno, pregovi, se pure non mi volete ringraziare, almeno non me dannate, nè crediate che a me ancora le donne non