Pagina:Trattati del Cinquecento sulla donna, 1913 – BEIC 1949816.djvu/239

Da Wikisource.

libro primo 233


come chiar qui veggio, siete il vago della sorella mia, ch’io non so come o quando d’averlo mai piú compreso da voi e meno d’altrui; ma ben caro e dolce vi può essere l’averlomi scoperto qui alla presenza di questi signori, ch’io vi giuro di far sí con esso lei, che crudele, fera ed empia non vi sará giamai, ma in tutti quei modi, che una gentildonna, pari a lei, (scarsa del suo onore piú che di cosa alcuna) può essere larga e cortese, per lo innanzi ella vi si dimostrerá. — A questo: — Oh me beato! — gridò l’eccellente dottore; e rendè per allegrezza lagrimando mille grazie al signor Pietro, il quale, come l’amante sua n’avesse l’onore in avere i capelli della donna, avendoli pur troppo simili la sorella che le li aveva dati, non ne fe’ piú conto. Ma gli altri tre furono di parer contrario, e l’uno doppo l’altro pianamente si sforzò di far chiaro apparere che, se le condizioni de’ capelli concessi alla donna, piú minutamente si considerassero, altra donna non doveva riportare il vanto della vittoria, salvo che la sua; e questo, soggiunsero poi, con pace di qualunque si trova offeso. — Non ha la mia — diceva il signor Vinciguerra — (sostentando l’onore della vostra, che sua chiamava, onorata signora Ottavia Picezza) tutte le date qualitá? Io non credo che Venere co’ suoi bellissimi crini, possenti a smarrir l’oro, l’ambra ed il sole, potesse in modo alcuno contrastar co’ suoi bellissimi crini; non anderebbe di pari il biondo Apollo! E con quelli della mia, quasi purissimo specchio, lucenti e tersi, quali si potrebbono agguagliare? — disse poi il signor Giacomo, — Io non mi fo a credere che mai ninfa niuna o Grazia, al tempo dolce dell’anno, quando per le verdi e fiorite campagne accolte van danzando e scherzando insieme, spiegasse all’aura soave i piú vaghi, i piú netti ed i piú amorosi capelli. — Ed io, soggiunse il signor Ladislao, che dirò della mia? — Anzi pur mia — diss’io allora. E tacqui, poi seguendo lui cosí: — Abbia ognuno di voi la chioma della sua donna per la piú bella e per la piú riguardevole, pure ch’io non vaneggi come voi per amore, e non giudichi torto, che torto giudicare non mi credo, non sendo l’amante di colei, che qui onoro e difendo; ma sendo sí messer lo giudice. Il perché dico, non ingannato da Amore (che