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Pagina:Trattati del Cinquecento sulla donna, 1913 – BEIC 1949816.djvu/371

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del peso della moglie 365


insieme piacere e meraviglia a chi le riguardava. Entrati dunque incominciarono tra loro a ballare in cerchio, e dopo questo a saltare ed urtarsi e percoter l’un l’altro e far altri giochi assai belli. Ma, poiché i mattacini ebber le lor piacevolezze finite, ed andatisene, disse il Selvago: — Io non so qual destro corvo o qual manca cornice, per dirla petrarchevolmente, ci abbi mandato innanzi questa schiera di cornuti animali. Ed invero non potevano a miglior otta farsi vedere tra noi, che in questo diporto d’oggi. Di grazia, finiamola un tratto, ché, mentre pulci allunghiamo in questo ragionare, tuttavia temo di qualche cornuto intoppo. — Soggiunse allora il Raineri, ridendo: — Io dubito, Selvago, che voi sarete di quei savi del mondo, che ricordò testè il Piccolomini, che, non volendo tôr donna in gioventú, la torrete in vecchiezza; e Dio vi aiuti! — Dubitate pur di voi — rispose il Selvago, — ché, quanto a me, vi prometto, per simil conto, d’esser savio sempre. — Disse allora Trifone: — E’ mi pare che il Piccolomini abbia cosí bene spiegato queste sue ragioni e con tanta diligenza insegnatoci la bella arte del prender moglie, che voglio credere da qui innanzi che chiunque di noi per paura di prenderla si rimane, sia veramente cornuto. Per la qual cosa, dopo questi preti, che non la possono avere, facciam, di grazia, in modo che non passi l’anno, che ciascuno abbia la sua. — E cosí, riso e motteggiatosi buona pezza, il ragionamento ebbe fine.