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80 ii - angoscia doglia e pena

donna è chiamata «ombra vana», perchè la vanitá fu il primo vizio per cui rimase infetta la natura umana. Si che concludo che la vanitá è un falace diletto umano, un studio senza frutto, perpetua paura, pericolosa essaltazione, principio di falsa grandezza, senza alcuna providenza, e certissimo fine di grave penitenza. Imperò parmi che giamai è tanta scontentezza d’uomo di libertá filtrare in lacci, quanta tristezza è di sentire sempre diversi, vani disiri di quella che conosce essere amata da lui; di sorte dico che costui è posto in alto per cascare in grave ruina. Sí che non mai è tanta gloria d’un ricco maritaggio, quanta è l’infamia dopo che ’l cade in povertá per la vanitá di sua donna, che altro non dimanda che pompa del mondo. Nè credo che per altra cagione donna disia avere gran danaio, salvo per mostrare la sua vanitá nelle serve, nelle gioie e altri ornamenti d’oro e d’argento, nelle argentarle di sue credenze, nelli vasi fatti a l’antica, nelli superbi drappi, nell’ornamento di casa di lavor fiandresco; non perciò per alcuna sua utilitá nè per suo gran piacere, ma piú tosto acciò sia veduta da molti quanto è vana: sí come fu quella che edificò la superba Cartagine, emula giá d’imperio romano. E, non ostante che molti principi conoscesseno che vanitá era gran vizio al mondo, nondimeno assaissimi tiranni non restorno di seguire questa vanitá, anzi non satisfeceno ad alcuno suo appetito, innamorati di questa ombra vana. Come si legge di Nerone, di Marco Crasso, di Cesare qual vòi, di Ciro, di Lucullo, di Esopo tragico, di Menandro, padre di Protagora. E credo che re Mida non per altro dimandò la grazia da dio Bacco che ciascuna cosa che toccava diventasse oro, salvo per sodisfare alla vanitá del mondo. Sí che giudico che, seguendo lei, non hanno adempito alcun suo disio; anzi, innamorati d’ombra vana, hanno perso non solo i regni, ma la propria persona. Perciò, ciascuna donna essendo vana, dico che tutte le cose sue sono manifesta vanitá del mondo. Pertanto mi parrebbe cosa onesta che ciascun amante scrivesse in su le sue scarpe, di sopra i guanti, nelle barette, nei vestiti, nelle sale, nelle camere, per li cantoni della cittá, in piazza e li dove vanno a vagheggiare la donna,