Pagina:Trattato de' governi.djvu/78

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libro secondo — cap. iv. 59

o meno, che e’ sieno di numero. — Ma io dico contra questo ordine di Socrate, che egli è molto più necessario determinar il numero dei figliuoli da generarsi, che e’ non è a determinar le facoltà; e di maniera si debbe fare, che e’ non si possa trapassar in ciò un termine prescritto: il qual termine si debbe porre con il rispetto avuto ai casi, che intervenir possono delle morti, e delle sterilità. E il lasciarlo interminato (come s’usa in molti luoghi) è cagione di far i cittadini poveri. E la povertà è generatrice di sedizione, e di malizia. E di qui fu mosso Fidone da Corinto, antichissimo dator di legge, a stimar, che’ si dovesse mantener sempre uguali le famiglie private, e tutto il numero dei cittadini; ancorchè da prima l’una, e l’altra cosa avessero avuto sorte disuguale. Ma nelle leggi di Socrate s’usa il contrario della qual materia tratterem più sotto: qualmente noi giudichiamo esser bene d’assettarla. — È in queste leggi ancora stato lasciato di dire circa i magistrati, qualmente e’ dovessino esser differenti dai privati. Perchè Socrate dice, così come d’altra materia si fa il filo della lana, e d’altra il filo del lino, parimente i magistrati dovere esser differente dai privati. Ma perchè e’ permette, che la facoltà si possa accrescere infino in cinque doppi, onde è che e’ non permette, che e’ si faccia il simile del terreno almeno insino a un certo che? È ancor da considerar la sua divisione degli edifizj, se ella è utile al governo di casa; che due ne permette egli a ciascun dispersè. Ma egli è difficile impresa ad abitar due case. — Quanto al modo tutto del governo non vuole egli, che e’ sia nè popolare, nè governo di pochi potenti, ma un misto d’amendue che si chiama republica. E questo si vede, perchè ell’è composta di chi ha l’arme. Ora se egli ha voluto constituir questo modo, come più comune