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162 Arte etrusca.

d’ineleganza, di sproporzione già accennati per le pitture sepolcrali e per gli specchi; la qualità dell’argilla è meno fina e meno buona delle vernici greche; infine le iscrizioni sono etrusche1.

Secondo il Micali, fu copioso e vario l’uso dei vasi dipinti presso gli Etruschi dal I al III sec. di Roma; migliorò la loro fattura nel sec. IV; durò nel V e nel VI; ma al tempo di Cesare e di Augusto quei vasi già parevano antichi, e cercavansi come oggetti d’antichità nei sepolcri di Corneto e di Capua.


4. — Vasi detti buccheri.

(Ved. tav. 42).


Ma più antichi dei vasi dipinti sono i vasi etruschi di terra nera, che si trovano in tombe, quasi non mai insieme con vasi dipinti, a Vulci, a Corneto, a Cere, ed in maggior abbondanza a Chiusi, dove forse fu il principal centro di tale fabbricazione, per il che diconsi anche vasi chiusini; generalmente sono conosciuti col nome di buccheri. Sono d’argilla nera, non cotti ma seccati al sole, con la superficie di certa lucentezza metallica; hanno dimensioni e foggie assai varie, talora belle, ma ricercate e bizzarre, assai lontane dall’eleganza greca. Sono ornati di figure a rilievo assai basso,

  1. Ved. p. es., Monum. Istit. Corr. Archeol. II, 8, 9, in cui sono rappresentati due vasi, l’uno con Atteone sbranato dai cani, e con Aiace che s’abbandona sulla spada; l’altro con Aiace che immola un uomo ignudo, assistito da Charun, faccia mostruosa che si rivede sullo stesso vaso con tre imagini femminili. Opera di pennello volgare e non antico, ma prettamente etrusco. Cfr. pei vasi greci l’Atl. d’arte greca, tav. CXXXVI e segg.