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Pagina:Trattato di archeologia (Gentile).djvu/245

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Osservazioni generali. 191

l’arte etrusca non aveva tale intima e sua propria vitalità da produrre una efficacia penetrante, decisiva. Un genio artistico creatore mancava alla gente etrusca, perciò pur essa a sua volta era facilmente soggetta ad influenze straniere; e già riceveva elementi dalla Grecia, e allo spirito ellenico s’inspirava, quando nel periodo storico che si assegna ai Tarquinî l’arte etrusca prese, secondo la tradizione, sviluppo e sèguito in Roma. Queste influenze prima etrusche e poi greche, che nei tempi antichissimi s’infiltravano nel Lazio, lungi dal cessare crebbero quando Roma, fatta potente, si sottomise le nazioni di lei più anticamente civili, alle quali essa avrebbe dato l’arte sua, così appunto come loro diede le sue leggi, se un’arte sua propria avesse potuto avere. Prima era l’influenza greca che per via di relazioni e di commerci s’insinuava nel Lazio; ma poi, quando la forza latina soggiogò le regioni dove la greca civiltà aveva fiorito, a questo pretesto si sottomise, e fu a sua volta il vincitore soggiogato dal vinto. Pongasi mente, per breve istante, al diverso tempo nel corso della civiltà greca e della romana. Si osservi come, al tempo dello splendido fiorire del pensiero e del sentimento greco, nel sec. V a. C. che prende gloria da Atene e nome da Pericle, Roma, ancora piccolo comune, guerreggiasse per la sua indipendenza contro Volsci, Ernici, Equi ed Etruschi, e nell’interno s’affaticasse nella penosa lotta della plebe col patriziato per l’eguaglianza dei diritti civili e politici. Si ricordi che, quando le città capitali dei regni sorti nell’Oriente dallo smembrarsi dell’impero d’Alessandro divennero centri vivi di studî nelle scienze, nelle lettere e nelle arti, e si produceva quell’operoso movimento del pensiero antico che suolsi designare col nome d’ellenismo, allora