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Plastica. 221

sviluppò a poco a poco coll’ampliarsi della vita politica, della potenza dello Stato, quando o per nobile orgoglio delle famiglie, o per riconoscenza del senato e del popolo si ponevano in privato od in pubblico imagini d’uomini insigni.

Le imagines maiorum, che i nobili Romani conservavano negli atrî delle loro case, con aggiunte, inscrizioni, a forma quasi d’alberi genealogici, non erano statue, ma volti o maschere di cera, non opera d’arte ma tale da contribuire allo sviluppo dell’arte. Di statue poste a uomini insigni in tempi anteriori all’incendio gallico e di simulacri di divinità consacrati nei templî, e formati, all’uso greco, con il ricavo del bottino di guerra, troviamo ricordi negli scrittori. Ma del concetto, del carattere artistico degli autori di tali opere mancano le notizie. Memorie d’una scuola di scoltura non troviamo, ma invece alcuni nomi latini su monumenti del VI secolo; per primo, p. es., quello di Novios Plautios inscritto sulla rinomata Cista Ficoroni1, rinvenuta a Preneste (Palestrina) nel secolo passato e illustrata più volte (ved. la nostra tav. 34).

2. La plastica romana applicata alle ciste istoriate. — Appartiene quest’opera a quella classe di monumenti detti ciste, il cui numero oggi si è venuto aumentando, e che, essendo abbondante nelle

  1. Cfr. S. Ricci, Epigrafia latina cit, tav. LII. È ora nel Museo Kircheriano al Collegio romano in Roma. L’iscrizione in carattere del VI sec. di R. dice: Dindia Macolnia filea|i| dedit | Novios Plautios med Romai fecid. La dama prenestina Dindia Macolnia passò in regalo la cista alla figlia. Si corregga quindi al luogo cit. dell’Epigrafia latina la voce filea in filea|i|, come richiede il senso. Ved. per la Cista Ficoroni inoltre: E. Braun, Die Ficoronische Cista, Lipsia. 1830; O. Jahn, Die Ficoronische Cista, 1852; cfr. Schöne, in Ann. Istit. Corr. Arch., 1868, pag. 150; e inoltre Annali, 1864, pag. 356; 1866, pag. 357; 1876, pag 105.