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336 Arte romana.

che si reintegra c]uriam sen[atus. Oltre ritrovamenti di blocchi di travertino dell’età repubblicana e di molti pozzetti sull’area del Comizio, ciò che più interessa è il ritrovamento del niger lapis, che si credette sùbito la tomba di Romolo e fu oggetto di discussioni molte e vivaci (ved. tav. 89).

Da un lato il Boni, il Vaglieri ed altri dotti sostennero potersi il niger lapis riferire di fatto alla tomba di Romolo, dall’altro lato l’Hülsen in una conferenza all’Istituto archeologico germanico dimostrò doversi attribuire a Massenzio, restauratore come Costantino dell’antichità, e tanto l’Hülsen quanto il Pais più recentemente sostennero trattarsi di una dedica a Marte non a Romolo, per cui i dotti concluderebbero che il niger lapis possa essere un lastricato, fatto anche in tempo più tardo, ma a memoria del luogo sacro che, secondo le tradizioni antichissime, e forse per qualche scavo fortuito, era indicato quale tomba di Romolo: questo restauro verosimilmente si attribuirebbe a Massenzio.


la stele inscritta del comizio.


Sotto il niger lapis si rinvennero basamenti decorati con gola etrusca e congiunti da una striscia di tufo formante gradone e con altri oggetti e frammenti un cippo di tufo in forma di tronco di piramide quadrangolare a spigoli sfaccettati, con la iscrizione di dubbia interpretazione, che affaticò lo studio e l’ambizione di molti dotti (ved. tav. 90).

Riferire qui tutta la bibliografia relativa al niger lapis e soprattutto all’epigrafe in questione sarebbe assunto impari alla mole di questo Manuale e alle mie forze: basti dire che il chiarissimo prof. Tropea, che con sagace intendimento seguì e riunì tutti i lavori relativi alla stele arcaica1, riunì la cronaca delle discussioni in tre articoli o parti, e l’argomento non è ancora esaurito.

Dirò soltanto che non solo gravi furono e sono tuttora i dubbi circa il significato e la interpretazione dell’epigrafe, ma anche circa la cronologia dell’epigrafe stessa, che molti vollero determinare con criterî puramente archeologici.

La rottura del cippo e la manomissione dei basamenti sarebbero dovuti, secondo il Boni (che ne fece insieme col Gamurrini e col Ceci una Relazione ufficiale2), a un’opera di

  1. G. Tropea, La stele arcaica del Foro Romano, cronaca della discussione. III. Messina, tip. della Rivista di storia antica e scienze affini. 1900. Cfr. Parte I e II nella Rivista medesima, 1892.
  2. Ved. Notizie degli Scavi di Antichità comunicate alla Regia Accademia dei Lincei, maggio 1889, pag. 151 e segg.