Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 140 — |
grità, e, peggio, non ne ha tutta la rozzezza. Egli ha una coltura quale si raggiunge colla nostra sventuratissima educazione classica, tutta gonfia di frasi e vuota di fatti, che tuttavia non può essere compresa, se non nella parte più immorale, dai più. Egli non riescì a conquistarsi che quella plebe di sfaccendati, di impiegatucci, di semi-professionisti che formano, pur troppo, la nostra zavorra politica, e non ebbe... che un successo di scandalo. Il suo trionfo politico non fu che uno scherzo ed insieme una reazione giustificata contro un enorme e troppo tardi rabberciato errore giudiziario, a proposito di un grande colpevole ora defunto.
Per chi ci osservasse che mentre i libri dei mattoidi non sono leggibili, i suoi lo furono e lo sono, almeno in parte, come certo gli articoli de’ suoi giornali, rispondiamo che anche il genere mattoide ha le sue varietà; la maggior parte uscendo dagli strati più bassi della coltura letteraria e volendo sforzarsi ai più alti, non ha forma estetica: ma quelli che ebbero una vera cultura classica, naturalmente pongono a servizio della loro follia un capitale maggiore; e non è raro il caso in cui la tendenza all’originalità, che nei loro colleghi si risolve in una bizzarria, in essi dia luogo a qualche, sia pure intermittente, trovata; in Sbarbato poi si aggiunge a quello sterile del mattoide, il fermento fecondo e spesso potente, del delirio ambizioso e persecutorio.
Del resto i suoi grossi volumi sortirono la stessa fortuna di quelli degli altri mattoidi, e stanno negletti negli scaffali; sono, è vero, noti i libelli e gli