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della Brianza, della Bergamasca, sul Lago di Como, e della Valtellina; ma sfortuna volle che di questi monumenti ne rimanesse soltanto la memoria.
E perchè simili miserie non si rinnovellino e non diano campo a ben meritata accusa per parte degli stranieri, dovrebbesi por mano a stendere una storia tutta italiana delle Danze dei Morti o Macabre, non che rovistare tutto quanto si riferisce a simile argomento, movendo dalla Danza di Como ora più non esistente[1], che fu descritta da Zardelli e pubblicata per cura del benemerito Conte Lucini-Passalacqua, inserendovi mano mano quelle che dappoi si ritrovassero o di cui ne esistesse tradizione e memoria, come io tento nella pochezza delle mie forze con questa di Clusone, meritevole a dir vero di commento, e per il pensiero morale che vi traspira, e pel magistero dell’arte che vi si rivela.
Per siffatto modo verrà data prova ai forastieri, che in ogni età, come non si mancò di grandi uomini, nè di immortali produzioni:
«Là nella bella Italia ov’è la sede . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Del valor vero e della vera fede» |
così nemmeno si diffettò dei trovati delle Danze Macabre.
- ↑ La data del 1510 che leggevasi nel cartello ivi esistente, non potevasi arguire con precisione, atteso lo stato di grande mutilazione del dipinto.