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II DALLA PREFAZIONE AL CODICE DIPLOMATICO LONGOBARDO (1852) ... Qui torna la questione, che or dicono longobarda: qual fosse stata, cioè, la sorte de’ vinti romani, dopo l’arrivo d’Alboino in Italia. Tal questione, se pur con si fatto nome può ella chiamarsi, riposa tutta nell’adeguata conoscenza del guidrigildo, che per immensi tratti segregava i popoli della Germania di Tacito da’ romani, da’ goti e dagli altri popoli, che ne ignorarono sempre o che ne aveano dismesso l’uso. Né minor distanza divideva i Germani da’ Germani, secondo che alcuni facevano apprezzarlo dall’uomo il guidrigildo, pagabile agli eredi de’ cittadini uccisi, o tassarlo dalla lor legge. I franchi, salici e ripuari, gli alemanni o svevi, i bavari, i toringi e soprattutto i sassoni amarono meglio il guidrigildo fermo, cioè, lo stabilito dalla legge: i longobardi lo vollero apprezzato volta per volta da’ giudici o da’ periti, che poneano mente alle varie qualitá e condizioni de’ cittadini uccisi. Ciascuno intende quale abisso di separazione s’interponesse tra questi due costumi: e come i franchi ed i sassoni dovessero abborrire dal saper soggette le loro vite a doversi estimare senz’altra regola se non del giudizio longobardo. Egli è vero, che a tal giudizio in Italia concorreano o poteano concorrere gli uomini d’ogni nazione, incorporata nella longobarda: e però goti, sarmati,