Pagina:Troya, Carlo – Del veltro allegorico di Dante e altri saggi storici, 1932 – BEIC 1955469.djvu/227

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Ma questo trofeo non conseguissi veramente se non quando il guidrigildo spari; variabile o fermo ch’ei fosse. Rotari abbatté coll’editto cosi le romane leggi, come quelle d’ogni altra nazione abitatrice del suo regno, avendo ei detto nel prologo e meglio assai nella conclusione, che quel suo editto solamente regolar doveva i civili destini di tutt’ i suoi sudditi. Dopo queste cotanto solenni e generali parole, quali mi si potrebbe comandare, che io faccia, per dimostrare d’essersi abolito il dritto romano ed ogni altro dritto, anche germanico, purché diverso dal longobardo? Che cosa egli mi rimarrebbe a provare? Che Rotari forse dichiarò non obbligatorie punto pei suoi sudditi di sangue romano le 390 leggi dell’editto? Se Rotari avesse voluto eccettuare i romani, anzi se a lui ed a qualunque re fosse stato possibile d’eccettuarli, tali uomini di sangue romano, che certo formavano il maggior numero degli abitatori del regno longobardo, non avrebber dovuto numerarsi piú fra’ sudditi di Rotari. Ma sudditi di Rotari erano anche i goti, arrivati con Alboino in Italia, gli stessi, appo i quali fino a’ tempi di Giustiniano e di Giornande, aveano avuto vigore l’antichissime lor leggi scritte di Deceneo, ed appellate le bellagini. Giá io ne ragionai sovente nella Storia. Laonde anche le bellagini rimasero abolite legalmente con la pubblicazione dell’editto: ed abolite legalmente le germaniche leggi degli alemanni o svevi, de’ bavari e de’ toringi sul guidrigildo fermo. Né valse piú ad alcuno Tesser nato in Toringia cittadino d’una qualche tribú, dalla quale Agilulfo ed il suo figliuolo Adaloaldo salirono sul trono longobardo: non valse ad alcuno la gloria d’annoverarsi nella tribú de’ bavari, od il sapersi congiunto anche del sangue con l’eccelsa reina Teodolinda per sottrarre il suo capo dall’estimazione del guidrigildo longobardo. Né Rotari, quanto al guidrigildo, comandò nulla di nuovo coll’editto; egli non fece se non ridurre in iscritto le cadarfrede precedenti, la cui mercé tanti popoli e tanti erano stati, sebbene diversi per genio e costume, incorporati nell’unica cittadinanza longobarda, senza per altro esporre le regole da seguirsi, quasi fosse cotesto l’arcano dell’imperio, nell’apprezzare un simil guidrigildo.