Pagina:Troya, Carlo – Del veltro allegorico di Dante e altri saggi storici, 1932 – BEIC 1955469.djvu/391

Da Wikisource.

sacra». Egli dice che i longobardi lasciarono «a’latini il dovere del municipio», e che ciò facendo, «ne lasciarono insieme il diritto; diedero una fiaccola che ardesse perpetua nella lunga notte settentrionale onde questo cielo era ingombro» (*). In diverse opere e diffusamente trattò delle questioni intorno a cui riferiamo Francesco Schupferl 2 ), il quale a proposito del passo di Paolo Diacono: «populi tamen», nota che son frasi «il cui valore, chiaro e preciso in quel tempo, mal si potrebbe oggi valutare». Egli pensa «che ai tempi di Autari, appunto dopo restaurato il reame, si compiesse la partizione tra gii ospiti longobardi, press’a poco come la partizione iniziata da Odoacre venne compita soltanto da Teodorico parecchio tempo dopo. Forse restavano i piccoli possessori di terre, certo rimanevano i plebei che non avevano terre, ed era naturale che, in cotesto riordinamento del regno, si pensasse anche ad essi, assoggettandoli essi pure agli hospites longobardi». Ma egli non nega, come il Troya e 1’ Hegel ed altri che si son messi «sulle loro traccie» la liberta dei romani: perché da designazioni che si trovano nell’editto di Rotari (sicut adpretiatus fuerit; qualiter in angargathungi i. e. secundutn qualitatem personae; secundum nationem suatn seu generositatem) «appare chiaro che anche i romani potevano avere un guidrigildo, e veramente attivo, ben distinto da quello dei servi e aldi, che tornava solo a prò dei padroni. Ma né tampoco l’onere di un tributo può dirsi incompatibile con la libertá; il significato che la voce tributario aveva costantemente presso i barbari, e che ebbe giá presso i romani, era quello di un uomo che pagava un tributo; e poteva accennare tanto a un rapporto di diritto privato quanto a un rapporto di diritto pubblico». E infine, «Paolo ha pur rilevato, che i vinti furono divisi tra gli ospiti perché pagassero il tributo ai longobardi; cioè non a questo o a quello, ma a tutti, ossia alla nazione. Che se gli (1) Il Tommaseo, ricordando come il Capponi sospeiti, non affermi però, che i longobardi fossero progenie slava, desidererebbe prove per ciò che il Capponi arguisce: «che la longobardica sia forse un misto delle due nazioni», e conclude: «Dal ramo germanico ebbero forse i longobardi l’eterodossia e la ferocia, dallo slavo la condiscendenza e la discordia; da entrambi il valore: come germani incorsero ed uccisero; come slavi lasciarono vivere e s’accasarono». (2) F. Sciiupfer, Delle istituzioni politiche longobarde, 1S63; Aldi, liti e ro mani, in Enc, giur. it., I, 2, 1S92; e: Il diritto privato dei popoli germanici, Cittá di Castello, Lapi, 1907.