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chiarissi la vanitá dei bianchi, ai quali niuno fece le viste sol di chiamarli: e la fame obbligò Uguccione a levarsi dall’assedio di Pulicciano. In pochi dí gli assalitori si dileguarono, piú sperperati che combattuti: alcuni dei bianchi fuggirono ad Arezzo, il maggior numero a Bologna: Fulcieri, per la sua crudeltá esecrato da Dante (Purg. XIV, 58-66), prese atroce supplizio dei fiorentini che vennergli alle mani e dei quali fu Donato Alberti priore. In tal guisa cadde a vil fine la guerra, e si adempirono i presagi di Dante. Uguccione, ricondotte le soldatesche in Arezzo, attese a vendicarsi; ei s’impadroni di Castiglione Aretino e di altri castelli dei fiorentini: ma qui ebbe termine per allora la sua pubblica vita, essendosi i ghibellini, non altrimenti che i guelfi aveano fatto, divisi. Gli uni si chiamarono secchi, rigidi partigiani dell’imperio, ai quali presedevano i Tarlati di Pietramala; verdi gli altri, di cui era capo il Faggiolano, favoreggiatori delle sue intelligenze col papa. Soggiacque Uguccione, quantunque la dignitá cardinalizia del figlio fosse svanita: e goderono i bianchi di vedere il podestá cacciato di Arezzo con buon numero di seguaci.

XXI. L’Alighieri viveva intanto presso Bartolommeo della Scala, cui dopo lunghi anni la sua riconoscenza cantò elogio immortale. Non arrossiva l’uno di chiedere: amava l’altro di antivenir la richiesta e addolciagli la sciagura dell’esilio. Percorse il poeta i ridenti contorni di Verona lungo l’Adige infino a quella rovina sovra esso di qua da Trento, della quale sono incerti e l’etá e la cagione: rovina che giá da qualche secolo si scorgeva, poiché Dante assicura di non sapere se fu prodotta da tremuoti o da pochezza di sostegno (Inf. XII, 6). Guglielmo di Castelbarco e Lantieri di Paratico onorevolmente il trattennero per alquanto spazio nei loro castelli. Ed ai nostri di gli abitanti di Val Pulicella e di Val Lagarina, con fondato e nobile orgoglio, si vantano che nelle loro contrade l’Alighieri o dettò canzoni o scrisse alcuna parte dell'Inferno. Certamente nella quiete di Verona ei ripensò al poema latino, e poterono i cerchi dell’anfiteatro mostrargli l’architettura di non poche sue bolge