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fiorentini, qualunque non fosse da estrema indigenza trattenuto. Se Dante avesse differito alquanto a partire di Lunigiana per Parigi, non avrebbe passato i monti che per recarsi lá dove i suoi traevano tutti. Ma le guerre germaniche contro i conti di Carinzia e di Vittemberga lungamente impedirono Arrigo VII.

In quel tempo, nella primavera del 1309, l ’Inferno di Dante giunse ad Uguccione in Arezzo. Frate Ilario avea disteso le sue brevi sposizioni, e fe’ pervenire il volume al guerriero in nome dell’autore con una lettera, di cui non rimane che un frammento senza data, in un codice piú antico dell’etá di Giovanni Boccaccio. L’ingenuitá e la naturalezza del dire fanno amare lo scrittor della lettera; né si scorge perché di essa, che pur si legge in codice così vetusto, abbia non ha guari uno straniero mosso alcun dubbio. L’impostura non avrebbe giovato ad alcuno: e se un impostore menti la lettera, niuno meglio di lui conobbe le cose di Dante. Imperocché la lettura del poema intero, e i detti dei contemporanei confermano quelli di frate Ilario. Giovanni Boccaccio narra gli stessi fatti della dedica dell ’Inferno ad Uguccione, del Purgatorio a Moroello, e del Paradiso a Federigo di Sicilia, quantunque invece di Federigo l’avesse poi l’Alighieri offerto a Can della Scala; gli stessi fatti dei primi versi del poema latino, quali Dante li recitò a frate Ilario; gli stessi fatti dell’essere il poeta ito in Francia non molto innanzi l’elezione di Arrigo. Se il Boccaccio trasse i suoi racconti dalla lettera di frate Ilario, ed ei la tenne per vera: se di altro luogo, ed ei le accrebbe la fede con notizie da lui altrove raccolte. Ben egli è danno che alla lettera manchi la data. Nondimeno il supplirvi sembrò facile al conte Marchetti, che le assegnò quella del 1309; osservando che non havvi nel VInferno di Dante né motto né cenno di privati o pubblici fatti, che fossero stati dopo il 1308; e che di quelli avvenuti di poi cominciasi a toccare nel Purgatorio. Alla veritá della quale osservazione punto non nuoce la notizia di uno scoscendimento nell’Adige dei monti della Chiusa, che presso Rivoli rumarono il 20 giugno 1310; essendosi veduto che 1 ’ Alighieri parla di altra rovina piú antica, né avrebbe messo in