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74 carlo troya


La ribellione di Brescia ruppe il corso delle prime prosperitá di Arrigo VII (febbraio 24). In prima egli commise a Moroello figlio di Franceschino Malaspina di recare alla cittá parole di pace: ma forte adirato del rifiuto di quel popolo, ei fece stringere Brescia gagliardamente di assedio, e tosto egli medesimo si avviò a quella volta, nell’atto che Franceschino Malaspina giungeva in Parma nel 14 aprile 1311, carissimo a Giberto di Correggio. Da un’altra parte Cane della Scala, in nome dell’imperio, impadronivasi di Vicenza, e scacciavane i padovani ai quali fin dalla morte di Ezzelino era soggetta (aprile 15). Saccheggiatola senza pietá Cane la pose in mano di Gerardo da Enzola speditovi per vicario da Arrigo VII: a Gerardo ben presto succedé Arrighetto figlio di Guglielmo conte di Castelbarco. Alternava così la fortuna dell’imperio nelle varie parti d’Italia: ma la riduzione di Brescia premeva l’animo di Arrigo, e bandiva da lui ogni altro pensiero. Di grave rammarico agli esuli fiorentini fu il suo essersi ostinato in quella impresa: e però, caldissimo d’impazienza, gli scrisse Dante nel 16 aprile 1311, che l’oppugnazione di Brescia guasterebbe affatto le cose dell’imperio: che non si voleva combattere in Lombardia ma in Toscana: che in questa giaceva Firenze, volpe frodolenta, pecora inferma, vipera ingrata; Firenze non meno empia di Mirra ed ugualmente iniqua che Amata male ardita, la quale col laccio furialmente s’impiccò. Contro Firenze volgesse Arrigo il forte suo braccio: a quella schiacciasse il capo col piede, pazza e malvagia. Essersi, quale vergogna! essersi la femina dolorosa data in potere di re non suo; e, per animo di mal fare, non sue ragioni voler pattuire con esso. La fine di Agag, la sorte degli Amaleciti doversi ai fiorentini serbare; uccidesse Arrigo, percuotesse questi peccatori: e così Giovanni di Lucemburgo, regale suo primogenito, apparisse al mondo in figura di Ascanio, ed egli sacratissimo re in quella di Enea spegnitore dei ribelli e di Turno rimettesse gli esuli a casa. Né qui posava l’iroso, ma per affrettare Arrigo dicevagli che ai forniti fu sempre danno l’aver differito di assalire i nemici: questi erano i detti stessi a Cesare sul