Pagina:Turco - Canzone senza parole.djvu/142

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rimaneva in piedi, tutta assorta nella sua contemplazione. Un pescatore, appoggiato alla ringhiera, guardava anch’egli con occhio benevolo, fumando la sua pipa, alla linee amiche del largo piano.

Il battello s’inoltrava nell’estuario, turbando coll’elice la placida distesa dell’acque e suscitando un subbuglio d’ondate alterne bianche e nere entro quel turchino monotono e forte in cui il cielo poteva mirare liberamente il suo volubile disegno. L’orizzonte era diviso in due semicerchi: una fosca nebbia rossiccia squarciata da una zona di fuoco ne copriva una parte, l’altra andava dilagando in una mite uniformità cerulea che le secche, appena visibili, interrompevano a tratti con qualche lunga pennellata grigia. Sopra, una nube immensa, ma leggera, si librava, come un velo.

— Ecco San Giorgio in Alga e le fortezze! disse il pescatore desideroso di dare spiegazioni e additando le isole che si delineavano, nere nere, nella laguna incrostata d’argento.

— E laggiù San Clemente e San Servolo... quanta tristezza in quel paradiso! rispose la fanciulla al marinaio — quello è il campanile di Malamocco... — soggiunse sporgendo la sua piccola mano verso il lontano orizzonte, verso la spiaggia ove l’Adriatico si frange.

Una vela passava in distanza e pareva nera anch’essa nella fulgidezza dello sfondo; un agile sandolo, vogato a due remi, ci raggiunse e si dileguò; come cose morte e reiette molti piccoli