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Pagina:Turco - Canzone senza parole.djvu/160

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M’alzai all’alba, andai errando per la cittá. L’istinto mi trasse entro S. Marco.

Un cardinale celebrava l’uffizio divino dinanzi alla pala d’oro di Ordelafo Falier ove sta effigiato il simbolo dell’Eterna Sapienza; ardeva, fra gli aurei splendori della basilica, la bella lampada bizantina e, dall’alto della cantoria, un coro di giovinetti, con voci angeliche, purificate da ogni terrena passione, diffondeva sulla navata, sugli altari e sulla folla, un’onda di ritmi fugati, una musica mista di pietà grave e di pace infinita.

Io mi volsi a destra e a sinistra in quella folla, cercando Anna lorio poiché sentivo la sua presenza. Non tardai difatti a scorgerla. Era inginocchiata in una panca e abbandonava la testa fra le mani in atto di fervente preghiera. Non vedevo che il nodo pastoso dei suoi capelli neri sotto le falde del piccolo cappello. Aspettai che si sollevasse per salutarla: da lontano ella rispose gravemente al mio saluto. A poco a poco mi ridussi dietro a lei onde potessimo ascoltare insieme la musica consolatrice che scendeva, scendeva sempre più mistica sugli astanti. Ma per tema di dispiacerle, non osavo nemmeno guardarla e quando si appressò l’ora del mio convegno fui costretto a partire, così senz’averle detto una parola.....

Una muta, una doppia angoscia era scesa sovra di me quando m’avvicinai, tutto tremante, all’albergo Danieli, per chiedere di mia madre. Balbettai, colle labbra strette, il mio nome, il mio falso