Pagina:Turco - Canzone senza parole.djvu/258

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brezza leggera, la gondola andava avanti lentamente, senza ch’io avessi bisogno di guidarla col remo. Pareva che una forza arcana la dirigesse. Il mondo era svanito, noi soli dominavamo nello spazio colla nostra giovinezza ardente, col nostro invincibile amore.

— Come sarebbe dolce il morire in quest’ora, piuttosto che doverci sempre dividere — mi disse Irene, posando la sua testa bionda sul mio cuore che palpitava. — Curzio, Curzio! — soggiunse ella, con trepida voce, — partiamo insieme, andiamo coll’arte nostra, in un mondo lontano ove il nostro amore possa vivere liberamente! Dinanzi a questo grande, a questo infinito amore, tutto deve annullarsi; ogni legge sociale riesce meschina in confronto alla legge suprema della natura che congiunge due estranei in un’anima sola, all’improvviso, come due fuochi in un’unica fiamma.

E l’antico desiderio dell’America le tornava, lusinghiero, insistente. Io lo sentivo comunicarsi con lenta, ma sicura malìa, a tutto il mio essere. Mi sembrava che noi dovessimo sparire e che, dinanzi a quella soluzione estrema, Emilia potesse trovare, col disprezzo, anche la pace e l’oblio. Allora preferivo di gran lunga quel disprezzo alla sua generosa, ma umiliante pietà.

Per accondiscendere alle irresistibili preghiere d’Irene, le promisi di meditare quel giorno stesso il nostro piano.

Nell’ebbrezza del sognato avvenire, tacevamo