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— Marchesa, voglia perdonare al medico una domanda. Non havvi alcuna influenza morale su questo disordine fisico?...
Donna Cristina fece un cenno vago che non negava nè affermava, chiudendo il varco a qualunque altra interrogazione. E allora Rose riprese, forte:
— Io credo che la cura potrà giovarle, ma occorre vi si applichi di proposito prima di tutti la nostra ammalata. Non sa, signorina, quanto sia grande anche in questo l’efficacia della volontà? Ella deve voler guarire, vincere, dominare i nervi che la tiranneggiano... poiché in fondo mi pare non si tratti che d’un’affezione nervosa...
— L’aiuterà, non è vero, dottore — disse la marchesa commossa, prendendo per la mano Manuela che s’era riavvicinata con ripugnanza, per puro debito di cortesia.
— Farò quanto posso signora. Sono un po’ despota, sa, coi miei ammalati. Ci tengo a essere ascoltato e ubbidito... e i poveri nevropatici aborrono la disciplina...
— Manuela, in questo, non si distingue dai suoi compagni, è molto indocile — sospirò la marchesa.
— Devo crederlo, signorina?
— Mamma ha ragione. Sono uno spirito ribelle — rispose la fanciulla più convinta che penitente.
— Allora lotteremo... ma con nobili armi... — concluse Rose, col suo grave sorriso che spirava una profonda e indulgente bontà virile.