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stro nè scolara non potevano più suonare, tanto le loro mani rimanevano incerte e quasi tremanti per il faticoso esercizio ginnastico, ma la breve gita sul lago era anch’essa una musica, anzi più di una musica.
Una sera, la marchesa essendo scesa ella pure fino alla sponda, i due giovani ottennero la grazia di andare in barca al chiaro di luna
Era un’ora luminosa e tutto taceva all’intorno. I caprifogli che Violante aveva piantati fra gli arbusti, sopra il lago, lasciavano penzolare a fior d’acqua i loro lunghi rami, carichi di fragranti umbelle; uno sfavillio d’argento rifletteva fulgidamente nella placida conca il raggio lunare.
Quando furono giunti in mezzo al lago essi abbandonarono i remi e la piccola barca rimase quasi immobile sulle acque tranquille.
— A che cosa pensate, maestro? — chiese Violante al giovane che taceva.
— A che penso? alla sonata in do diesis minore di Beethoven, a quel sublime adagio che mi dá impressioni diverse, secondo i giorni in cui lo sento. V’ha in esso un angosciato dolore e anche una calma ineffabile... oggi, se una mano di fata all’improvviso lo suonasse, io proverei un senso di pace arcana.. nel silenzio che ci circonda già si svolge un’armonia infinita piena di una soprannaturale letizia.
— È strano — mormorò Violante — perchè noi abbiamo qui presso la morte... la barca sta in