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la fanciulla straniera 11


semplici, pietosi ricordi, la compenetrava di soavità, l’eleganza suprema del Rinascimento, le opulenze pittoresche del barocchismo le davano vivi piaceri estetici e artistici, le linee classiche degli alberi sugli sfondi fulgidi commozioni profonde, ma in mezzo a tanta ricchezza d’immagini una brama acuta la premeva, un bisogno irresistibile dello spirito e dei sensi: la musica. Senza essere musicista ella sentiva dentro di sè quella necessità dei suoni che suscita in molti il piacere delle arti imitative, come se la loro essenza più sottile dovesse tradursi ed esalarsi in arcane armonie. Ammiratrice sincera, ma punto esclusiva di Wagner, ella anelava alla musica teatrale italiana quale la si eseguisce in Italia e come in quei giorni era andata in scena al Costanzi la Traviata con cantanti celebri, non esitò a palesare il suo ardente desiderio.

— Volentieri! ci procureremo subito un palco — disse donna Ortensia.

— Gira zie, zia, preferirei di gran lunga gli scanni... sono in lutto e il teatro per sè stesso non mi desta uno speciale interesse... non potresti accompagnarmi tu? — riprese Anna, rivolgendosi a Decio.

— Con tutto il cuore, ma...

— Qui non usa che una signorina bennata vada in giro sola con un giovane, nemmeno col pretesto dello stretto vincolo di parentela — disse donna Ortensia, freddamente.

— Ah sì, zia mia! non ricordavo! queste cose non me le rammento mai! ma io sono forestiera e poco monta. Posso andarvi anche da per me e prendere una botte per il ritorno.

In seguito a questa risposta stupefacente e a scanso di maggiori guai, il caso fu meditato e discusso e dopo qualche incertezza si votò per le poltroncine e si stabilì che Decio fungerebbe da guida e Miss Sutton, una maestra d’inglese piuttosta anziana e molto distinta, da accompagnatrice. Non parve vero alla fanciulla d’aver superate finalmente tante incomprensibili difficoltà.

La platea del Costanzi era gremita di gente. La fanciulla accordò appena uno sguardo ai palchi che si andavano popolando, sebbene Miss Sutton, che conosceva tutta Roma, si desse una gran pena di fargliene l’illustrazione. Era assorta dal pensiero dell’intenso godimento che l’aspettava.

Avvezza alla fredda perfezione delle orchestre tedesche e alla impassibilità degli artisti nordici, ella si sentì fremere da capo a piedi per la foga di certi ritmi ardenti, di certi impeti passio-