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288 la gentilezza dell’animo


La gentilezza dell’anima è rispetto, compatimento, benignità, tolleranza, perdono, modestia, oblio di sè, scrupolosità eccezionale di coscienza, pace, sovratutto pace.

Una persona che la possiede trova ovunque il suo posto, ovunque è ben vista e amata, ella non abusa mai di nessuno, nemmeno della cavalleria dell’uomo; correggendo non avvilisce, ma sostiene ed incoraggia, non impone mai i proprî giudizî, i proprî principî, ed. è indulgente a quelli degli altri, accetta di buon grado un favore ed è pronta a farlo, non parla mai male, non disapprova mai violentemente, ha anzi il segreto delle difese e delle attenuanti, evita tutto ciò che può offendere o addolorare. Se il suo morale raffinamento le dà a volte una delicatezza eccessiva, questa non degenera mai in suscettibilità permalosa, per la sua istintiva ripugnanza al sospetto; ella è amabile nella gioja come nell’afflizione, ammalata non fa pesare sugli altri il proprio patire, non si lascia mai sopraffare interamente da preoccupazioni individuali, in una parola sa rendere, e intendere dovrebbe essere sinonimo d’amare.

E questo, non se lo impone, ma piuttosto lo sere, poichè se non tutte le persone buone hanno l’animo gentile, indubitatamente tutte le persone dall’animo gentile sono dotate di un’infinita bontà.

La bontà opera grandi cose, la gentilezza presta alle azioni generose la spontaneità, la grazia, il fascino che conquide. È in forza di essa che assurgono al loro più alto grado d’idealità, quali fiori splendidi, cui s’aggiunge il merito di squisite, sottili fragranze.

Chiudendo, sento il bisogno di rivolgermi a voi, o soavi fanciulle, cui Iddio donò un cuore gentile che gli ammaestramenti e sovratutto gli esempi coltivarono, a voi creature elette che splendete, come provvidi raggi di sole fra le domestiche mura, voi che ingiocondate colla vostra serenità la vita di chi vi circonda, che conquidete le amiche colla vostra costanza, che siete prodighe a chi soffre, più che di materiali benefizî, di amorevole pietà. Voi, o cortesi, apparite come visioni consolatrici allo sguardo del giovane stanco d’immagini fantasiose e vane, che sogna riparare nel porto sicuro dei famigliari affetti, voi lo chiamate alle uniche vere dolcezze di quaggiù, voi egli deve eleggere all’alta missione di spose, di madri, di educatrici!

Dall’intimo delle anime vostre sgorga una fonte rigeneratrice, sgorga quanto di più delicato, di più raro, di più squisitamente superiore possa in sè accogliere la natura umana. La gentilezza che da fanciulle effondete in tante piccole dimostrazioni affettuose, quando sarete donne, si tramuterà in carità, in quella grande, infinita carità femminile che ogni sofferenza e ogni tenerezza allaccia e a cui sorride il cielo.

Jacopo Turco.