Pagina:Turco - Oro e orpello.djvu/21

Da Wikisource.

139


Stefanis scattò in piedi come fosse preso da un mortale spavento.

— Sono sempre più confuso e mortificato — balbettò egli con la faccia stravolta — mi permetta d’allontanarmi subito.

— No... resti un pochino, dottore. La notizia che le diedi poc’anzi le sembrerà forse alquanto... curiosa — ripigliò la fanciulla, con molta calma apparente, — ma è semplice assai... Il conte, da quanto capisco, le ha... forse un po’ indiscretamente confidato il... progetto che andava da qualche tempo maturando... ma io sono una creatura strana, quasi selvaggia... ho le mie bizze... muto pensiero con facilità, e quelle cose che oggi non mi dispiacciono, talvolta mi destano un senso di ribrezzo, l’indomani...

Il giovane la guardò gravemente e con una curiosità profonda. In quell’attitudine sdegnosa, con quella veste bizzarra, sparsa di nastri scarlatto, con quella rosa rossa in seno la cui sottile fragranza giungeva fino a lui, bella per il fascino della nobile e intelligente fisonomia, per il mal frenato ardore di giovinezza che ne trapelava, Valeria parve a Stefanis la viva immagine d’un capriccio, ma d’un capriccio adorabile e irresistibile. Egli sentiva che le aspre e inconsiderate parole della fanciulla celavano un’interno affanno; e una pericolosa pietà gli scendeva in cuore.

Difatti, spossata dalla lunga sensazione nervosa, Valeria perdette un minuto la padronanza di sè, e 1 suoi grandi occhi neri apparvero al giovane inondati di lagrime.

— Da qualche tempo sono un po’ sofferente, — balbettò ella, vergognosa di quel femminile abbandono, reprimendosi con violenza.

— Me ne avvedo! — disse Stefanis, molto agitato — e ho rimorso d’essere stato così indiscreto, d’essere venuto anch’io ad importunarla... Badi però, — soggiunse, seguendo un impulso della professione, tutto commisto d’una tenera e segreta sollecitudine, — badi che certe crisi nervose, ripetendosi spesso, potrebbero nuocerle.

— Poco importa, dottore. Del resto, colla volontà si vince tutto. Prima di partire, abbia la cortesia di rispondere a una mia domanda.

— Volentieri, signorina.

— È ella profondamente legato col conte Valdusa?

— Fummo condiscepoli, siamo rimasti amici.

— Amici... intimi? — insistette Valeria:

— Ella sa che s’è fatto e si fa un grande abuso di questo nome, il quale non sarebbe giustificato che dall’affinità delle anime.

— Sta bene — concluse la fanciulla — la ringrazio. Doman l’altro vado in campagna alla mia villa fuor di porta. Il lunedì e il giovedì dalle tre alle sette, ricevo sempre... la sera vengono i miei vecchi amici... È tanto vicino... due passi... se mi vuol favorire? ..