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DISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE. 221

vevano più esaltati nell’ opinione del mondo ; la fortuna del nome futuro de’ principi stava ad arbitrio di que’ pochi, e le corti non avevano giornalisti né stamperie. Quanto più Cane aspirava alla gloria (e n’ era avidissimo sovra ogni altro del- l’ età sua), e quanto più s’ avvedeva della propensione e del vigore di Dante alla satira, tanto meno pare credibile ch’ei lo provocasse in suo danno. Ma senza questo, il solo concetto del grande ingegno e del sapere di Dante induceva molti a pre- sumere in favore della setta e delle dottrine politiche eh’ ei sosteneva a viso aperto in Italia; ed ogni dissidio pubblico fra il capitano generale e il sommo letterato de’ Ghibellini doveva nuocere a’ loro fini comuni.

LXXTX. Queste mie non sono se non congetture , prossime più alla umana natura e alla storia generale dell’Italia in quel secolo, che a’ fatti particolari ; i quali o mancano al tutto , o non s’ uniformano a’ cenni che il Poeta lasciò scritti per farci •onoscere quanto e come egli dimorasse presso al suo mece- nate. L’amicizia lunga, intrinseca e non interrotta fra loro, e il domiciho quasi perpetuo del Poeta in Verona, furono rac- colti dal Maffei dalla tradizione che egli applicò a pochi versi ; e per l’appunto i medesimi sovra i quali furono tentate le mille industrie d’ ingegni e dottrine a far che narrino storie diverse ’. — L’antenato suo Cacciaguida, dopo avergli predetto l’esilio, continua :

Lo primo tuo rifugio e il primo ostello Sarà la cortesia del gran Lombardo, Che in su la Scala porta il santo uccello*

Ch’ avrà in te sì benigno riguardo. Che del fare e del chieder tra voi due Fia prima quel, che tra gli altri è più tardo.

Con lui vedrai colui, che impresso fue, Nascendo, sì da questa stella forte, Che notabili fìen l’opere sue.

Non se ne sono ancor le genti accorte, Per la novella età, che pur nove anni Son queste ruote intorno di lui torte.

Ma pria che il Guasco l’alto Arrigo inganni, Parran faville della sua virtute, In non curar d’argento, né d’affanni.

Le sue magnificenze conosciute Saranno ancora , sì che i suoi nimici Non ne potran tener le lingue mute:

A lui t’aspetta, ed a’ suoi benefici: Per lui fla trasmutala molta gente. Cambiando condizion ricchi e mendici «.

Or non parrebbe che Dante traducesse il panegirico in versi dalla Lettera Dedicatoria del Paradiso a Cane della Scala, o la

1 Vedile accennate, sez. LVn.

2 Paradiso, XVII, 70, se