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DISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE.

mandano prove rigorosissime e pubbliche. Bensì diresti clie oggi in Italia s’avveri il proverbio, pur troppo !

Dum vitant dodi vitia, in contraria, currunt.

Dianzi gli uomini dotti venivano computando, l’un dopo l’al- tro, se il Petrarca fosse stato beato della corona d’ alloro agli otto d’aprile - o a’ tredici d’aprile - o a’ diciassette d’aprile: ’ e questa data e le centomila della sua razza, ognuno vede di quanto momento riescano alla storia delle lettere , ed alle vite degli uomini illustri. Oggi invece le belle ed utili teorie del- l’autore delVApologia di Zzante intorno alla lingua vanno pe- ricolando a ogni poco per imprudenza d’anacronismi; e molte penne moderne, non so dir quante, li copiano in buona fede. Discorrendo del libro antichissimo che sospinse gh occhi e scolorò il viso di Paolo e di Francesca d’Arimino , gli editori dottissimi di Firenze, e i dottissimi editori di Padova notano : - « È uno de’ libri più antichi che la Chiesa abbia proibiti. E » lo fulminò Innocenzo III al tempo stesso di Dante con una » Bolla data l’anno 1313 (Vedi Ducange, Diss. VI sulla storia » di San Luigi Re); » - e si richiamano all’autore deìVAmor patrio ’. Ben disse il vero della scomunica del romanzo; sola- mente Innocenzo III fu sotterrato un secolo e più innanzi Dante’’. Le date ove importano veracemente, s’ hanno da te-


1 Baldelli, Del Petrarca e delle sue Opere, pag. 293.

2 Ediz. Fiorentina, voi. IV ; ediz. Padovana, voi. I, pag. 137.

3 Muratori, Annali d’Italia, anno 1218. Nota che l’autore dell’imor paino e i suoi seguaci non citano dall’antichissimo romanzo proibito, bensì da uno de’ tre raccozzati in più volumi nel secolo xvi . sottj il nome di Lancilolto, de’ due Tr stani , e di Meliadus, de’ quali vedi le edizioni presso Apostolo Zeno {Annotazioni all^Biblioteca del Fontanini, voi. il, pagg. 192, segg.), ove è da leggersi ogni t’awSla vèccliia e nuova de* Cavalieri della Tavola rotonda. Il passo di Lancdotto che bacia Ginevra, toccato nell’/n/erno, canto V, deriva dal romanzo originalo : ma il Galeotto di Dante è nominato Galleaut il Bruno, cavaliere e compagno fidato di Lanci lotto ; onde non pare chei scrivesse il romanzo. Di Lancilotto Dante parla nel Convito (verso la line) come di perso- naggio men favoloso che storico; e nel libro della Eloquenza volgare scrive in lode de’ Francesi d’ avere alquanto prima negli italiani diffusa per via di quelle storie la loro lingua. Pero può darsi che all"età sua fossero tradotte, e che Francesca e Paolo le leggessero in italiano, bench*^ diverso da quello in che furono poscia stampate a mezzo il secolo xvi ; «e divennero general pa- > scolo per lutta Italia di dotti e d’idioti , di nobili e di plebea » ( Zeno , ivi, pag. 197): e benché non si dipartissero dalle favole de’ Cavalieri d’Arlù , le ampliarono, e agli editori moderni, che alle volte le ritraducevano nel vecchio francese, parevano romanzi del medes mo soggetto, e gli incorporavano in uno, e alle volte ritoccavano le traduzioni antiche, lasciandovi a ogni modo innestandovi idiotismi di tutte Provincie Italiane. Onde lo Zeno ne novera molli intesi solamente da’ Veneziani (loco cit., pag. 194). Pare che fossero di lingua più pura e di mole minore que’ manoscritti che i grammatici Fioren- tini leggevano sotto il nome della Tavola rotonda, in due traduzioni, una an- tica molto (Proemio de’ Deputati alla correzione del Decamerone) ; anzi il Sai- viali (Avvertimenti, voi. I), sentenziando a indovinamenli, l’ assegna al 1335. Forse è anteriore, e fofse più tarda d’assai; — ma sarebbe da leggere il co- dice, che a me non venne mai fatto di vedere. I periodi brevi calzanti e schiettissimi, citali qua e là nel Vocabolario, sarebbero indizio di scrittore an-


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