Pagina:Ultime lettere di Jacopo Ortis.djvu/265

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SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE. 263

diretto tutto ad abbattere i Re-Sacerdoti. Pur nel Convito parla raramente della Cìiiesa di Roma, e non mai senza venerazione. Esalta il diritto imperiale in guisa che riesce impossibile ad esercitarsi, e mentre adula la vanità di tutta l’Italia, la sua teoria, ripugnando allo stato dell’Europa in que’tempi, e alla natura invariabile delle cose, non poteva parere, né pure a’ ne- mici suoi, se non una delle speculazioni innocenti, frequentis- sime anche a’ dì nostri, che ti promettono di ridurre a non mu- tabile felicità questa terra con ogni futura generazione delle sue bestie umane e ferine, e la lasciano andare, com’è £Pndata, ed andrà, eterno percita motu. Primamente, stando al Con- vito^ — airimperadore doveva obbedire tutto il genere umano *. Inoltre, - l’ Imperio spettava agi’ Italiani, « però che più dolce » natura signoreggiando, e più forte in sostenendo, e più sot- » tile in acquistando, né fu, né fìa, che quella della gente la- » tina, siccome per is-perienza si può vedere, e massim.amente » quello popolo santo, nel quale l’alto sangue Trojano erami- » schiato, cioè Roma. Iddio quello elesse a quello ufficio, - » onde non da forza fu principaUnente preso per la romana » gente ; ma da divina provvidenza ch’é sopra ogni ragione -. » Per ultimo, - l’autorità imperiale deve reggere il Mondo in compagnia dell’ autorità filosofica : da che, « forza senza fìlo- » sofia, ri^ce pericolosa; e filosofia senza forza, pare quasi de- » bole ; non per sé, ma per la disordinanza della gente. Con- » giungasi la filosofica autorità colla imperiale, a bene e per- » lettamente reggere. miseri, che al presente reggete ! E o » miseri, che retti siete ! Che nulla filosofica autorit’à si con- » giugne con li vostri reggimenti, né per proprio studio, né » per consiglio. - Ponetevi mente, nemici di l5io; a’ fianchi, » voi? che le verghe de’ reggimenti d’Italia prese avete. E » dico a voi, Carlo e Federigo, regi ; e voi altri Principi e Ti- » ranni ; e guardate, chi allato vi siede per consiglio : e annu- » merate quante volte il di questo fine della umana vita per » li vostri consiglieri v’ è additato. Meglio sarebbe , voi come » rondine volare basso, che come nibbio altissime rote fare so- » pra le cose vilissime^ »

CXIII. Quest’ultima perorazione convertesi nella Commedia in poesia profetica, a minacciare uno per uno liberamente i re della terra ^. Pur nel Convito l’Autore, serbando la stessa im- parzialità, dissimula il nome del re Roberto; ch’era tiranno sotto diversi titoli anche della città di Firenze; ma nomina Carlo, già sotterrato da parecchi anni, e nomina Federigo di Aragona, allora in Siciha, nemico naturale a’ Francesi, e re- gnante com’ erede d’ imperadori e principi ghibeUini scomu-


i Convito, pag. 200, e altrove.

2 Pag. 199.

3 Pagg. 206-107.

4 ParacUsOi XIX, 104 148 : e qui dietro, sei. LV.


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