Pagina:Ultime lettere di Jacopo Ortis.djvu/278

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DISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE.

moderata dagli esempj de’ grandi scrittori ’, e dal decreto della nazione. Se non che la rari ice di tante liti cieche si nutre profonda nell’antichissima servitù d’Italia, la quale quando più venne facendosi meretrice di forestieri, le generazioni de’ mi- seri che ne nascevano non hanno potuto mai farsi nazione. Le lingue, dove è nazione, sono patrimonio pubblico amministrato dagli eloquenti; e dove non è, si rimangono patrimonio di let- terati; e gli autori di libri scrivono solo per autori di libri. Quindi l’interesse dell’adulazione; quindi l’invidia maligna nelle censure ; quindi interminabili le controversie , perchè chi può mai definirle? Non le Acca-lemie, parziali a’ loro Accademici; non le città, gloriose di letterati appena noti alle altre città; non i coUegj de’ frati e preti. Accademie cinguettano contr’ Ac- cademie ; e città contro a città; e laici contro a preti; e preti contro a frati: e se non t’accusano d’eresia; e i giornalisti non fanno insieme da critici e s, ie, non è poco.

CXXIV. Contendono e conte deranno fino a quel dì che verrà onnipotente, se pur verrà mai, l’arbitrio della nazione ad im- porre silenzio a’ grammatici. Per ora giovi a’ loro padroni che i valentuomini seguano a disputare del come s’abbia da scri- vere tanto che mai nessuno l’impari. E che altro poteva fare l’Acca’iemia della Crusca, fondatasi mentre Filippo II , e il Concilio di Trento, e l’istituzione de’ Gesuiti occupavano a un tratto l’Italia? Allora i magnanimi tacquero, e se taluno d’età in età riparlò con l’eloquenza degli avi, la loro patria non era più atta ad intendere; e la lingua piacque ridotta a musica senza pensiero, finché la filosofia del secolo scorso e poi la vit- toria trapiantarono in Italia lo stile Francese che la sviò da’ latini, e da’ greci. Tuttavia accrebbe le idee; e perchè imbar- bariva la lingua per mezzo della tirannide, irritò l’amor patrio, e taluni la depuravano anche della scabbia^’insinuatasi per vezzo d’usi stranieri da un secolo e più. Or da molti anni

Italiam sequimur fugientem, et volvimur undis

GÌ’ ingegni frementi sotto Napoleone si giacciono in muta co- sternazione; e coloro che scrivono per venalità o vanità, non avendo suppellettile che di parole, guerreggiano clamorosi ; - gli uni, ad immiserire con grammaticali superstizioni la lin- gua; - gli altri, a snaturarla con formole matematiche, ocon vocaboli metafisici che inorgogliscono l’intelletto e confon- dono r evidenza delle idee ; stile de’ romanzieri, de’ poeti e de- gli storici d’oggi, avvampante d’entusiasmo e di passioni fit- tizie. Or gli uni or gli altri ammaestiano i giovani a sentire, immaginare,- pensare e parlare, o come oggi sogliono i fore- stieri, come più secoli addietro solevano gli Italiani: - li cacciano o dalla patria o dal secolo»


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DISCORSO