Pagina:Ultime lettere di Jacopo Ortis.djvu/319

Da Wikisource.



DISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANTE. SH

Noi leggevamo un giorno, per diletto, Di Lancilotto, come amor io strinse: Soli eravamo, e senza alcun sospetto.

Per più fiate gli occhi ci sospinse Quella lettura : —

sono certamente itiealì. Ma se non fa vero, era ridetto a quei t«mpi, com’ella credendosi che il contratto nuziale fosse fatto per Paolo, bellissimo giovine, non seppe d’essere moglie di Gianciotto, sciancato, se non quando destatasi, se lo vide al fianco nel letto*. — Però que’ versi :

Amor, che a cor gentil ratto s’apprende, Prese costui della bella persona Che mi fu tolta, e il modo ancor mi offende:

e più le ultime parole, mirano forse a tutta la storia dal dì che Paolo vedendo Francesca se ne innamorò, e le fu detto ch’esso era lo sposo, e ne venne la loro misera morte. Ma non è che cenuo, e oscurissimo ; e se gli interpj-eti non danno nel segno, e s’adirano, non è da incolparli. È chi dice: — « la » maniera con la quale le fu tolta la vita, essendo stata colta » in atto venereo, Voffende, perchè ricordandosene, ne prendeva » dolore *. » — Altri rispondono : — « ma ben anche può in- » tendersi del repentino modo, che non diede un minimo tempo » di chiedere perJono a Dio prima di morire; che è ciò di cui » doveva quella coppia esserne più rammaricata*. » — Ed altri a questi: — « piuttosto del modo barbaro e disonesto, e » dell’orribile idea che accompagna quell’assassinamento;^ » — ed altri si stanno perplessi, critici dotti, contenti del titolo di modesti ; onde t’insegnano il credo insieme e il non credo, e il può dirsi. Pur se non toccassero questioni che non hanno in animo di snodare, parrebbero essi tanto più dotti e modesti e meno molesti. L’uccisione di Francesca e di Paolo, tutto che conferisse a immagini tragiche, non è ricordata se non per imputarla al marito e destinargli n^W Inferno la pena de’ fra- tricidi. Tanto silenzio, e non solito a ÌDante, d’ ogni storica particolarità che avrebbbe piagato il cuore e la fama de’ fra- telli e del padre, fanno presumere che l’episodio fosse o composto ritoccato nelle loro case. E se presentirono che il nome di Francesca d’Arimino non sarebbe stato mai né dimenticato, né pronuziato senza pietà; il conforto pareggiò la sciagura; e Dante rimeritò pienamente l’asilo e il sepolcro ch’ebbe in Ravenna. CLVIir. Di quello squarcio, e d’altri schietti d’ira di parti


1 Boccaccio. Commento^ loco citnto.

2 Diniello, presso il Lombardi, Inferno, V, 102i

3 Lonib irdi e Pogi^iali, lo«o citato.

4 Uiagioli, loco citato