Pagina:Ultime lettere di Jacopo Ortis.djvu/42

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40 ultime lettere d'jacopo ortis.

principi vogliono gli uomini tali da non riescire nè eroi, nè incliti scellerati mai. E però chi in tempi schiavi è pagato per istruire, rado o non mai si sacrifica al vero e al suo sacrosanto istituto; quindi quell’apparato delle lezioni cattedratiche, le quali ti fanno difficile la ragione e sospetta la verità. — Se non ch’io d’altronde sospetto che gli uomini tutti sieno altrettanti ciechi che viaggiano al bujo, alcuni de’ quali si schiudano le palpebre a fatica immaginando di distinguere le tenebre fra le quali denno pur camminar brancolando. Ma questo sia per non detto: e’ ci sono certe opinioni che andrebbero disputate con que’ pochi soltanto che guardano le scienze col sogghigno con che Omero guardava le gagliardie delle rane e de’ topi.

A questo proposito: vuoi tu darmi retta una volta? or che Dio mandò il compratore, vendi in corpo e in anima tutti i miei libri. Che ho da fare di quattro migliaja e più di volumi ch’io non so nè voglio leggere? Preservami que’ pochissimi che tu vedrai ne’ margini postillati di mia mano. O come un tempo io m’affannava profondendo co’ libraj tutto il mio! ma questa pazzia la non se n’è ita se non per cedere forse luogo ad un’altra. Il danaro dàllo a mia madre. Cercando di rifarla di tante spese — io non so come, ma, a dirtela, darei fondo a un tesoro — questo ripiego mi è sembrato il più spiccio. I tempi diventano sempre più calamitosi, e non è giusto che quella povera donna meni per me disagiata la poca vita che ancora le avanza. Addio.

Da’ colli Euganei, 3 gennajo 1798.

Perdona; ti credeva più savio. — Il genere umano è questo branco di ciechi che tu vedi urtarsi, spingersi, battersi, e incontrare o trascinarsi dietro la inesorabile fatalità. A che dunque seguire, o temere ciò che ti deve succedere?

M’inganno? l’umana prudenza può rompere questa catena invisibile di casi e d’infiniti minimi accidenti, che noi chiamiamo destino? sia: ma può ella per questo mettere sicuro lo sguardo fra l'ombre dell’avvenire? O! tu nuovamente mi esorti a fuggire Teresa; e gli è come dirmi: Abbandona ciò che ti fa cara la vita; trema del male, e t’imbatti nel peggio. Ma poniamo ch’io paventando il pericolo da prudente, dovessi chiudere l’anima mia a ogni barlume di felicità, tutta la mia vita non somiglierebbe forse le austere giornate di questa nebbiosa stagione, le quali ci fanno desiderare di poter non esistere fin tanto ch’esse rattristano la natura? Di’ il vero, Lorenzo; or non saria meglio che parte almeno del mattino fosse confortata dal raggio del sole, anche a patti che la notte si rapisse il dì innanzi sera? Che s’io dovessi far sempre la guardia a questo mio cuore prepotente, sarei con me stesso in eterna guerra, e