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ultime lettere d’jacopo ortis. 67


26 maggio.

Ei viene, Lorenzo — ei ritorna.

Scrive dalla Toscana dove si fermerà venti giorni; la lettera è in data de’ 18 maggio: fra due settimane al più — dunque!

27 maggio.

E penso: ed è pur vero che questa immagine d’angelo dei cieli esista qui, in questo basso mondo, fra noi? e sospetto di essermi innamorato della creatura della mia fantasia.

E chi non avrebbe voluto amarla anche infelicemente? e dov’è l’uomo così avventuroso, col quale io degnassi di cangiare questo mio stato lagrimevole? — Ma come io posso dall’altra parte essere tanto carnefice mio per tormentarmi, — or nol veggo? e nol vidi pur sempre? — senza niuna speranza? — forse! un certo orgoglio in costei della sua bellezza e delle mie angosce. Non mi ama, e la sua compassione coverà un tradimento. Ma quel suo bacio celeste che mi sta sempre su le labbra, e che mi domina tutti i pensieri? e quel suo pianto? — ahi, ma dopo quel momento mi sfugge; nè osa guardarmi più in faccia. Seduttore! io? e quando mi sento tuonare nell’anima quella tremenda sentenza: Non sarò vostra mai; io trapasso di furore in furore, e medito delitti di sangue. — Non tu, innocente vergine, io solo, io solo ho tentato il tradimento; e l’avrei, chi sa! — consumato.

Oh! un altro tuo bacio, e abbandonami poscia a’ miei sogni e a’ miei soavi delirj: io ti morrò a’ piedi; ma tutto tuo, e sapendo che pur t’ho lasciata innocente — ma insieme infelice! Tu, se non potrai essermi sposa, mi sarai almeno compagna nel sepolcro. Ah no; la pena di questo amore fatale si rovesci sopra di me. Ch’io pianga per tutta un’eternità; ma che il cielo, o Teresa, non voglia che tu sia lungamente per mia cagione infelice! — Ma intanto io ti ho perduta, e tu mi t’involi, tu stessa. Ah se tu mi amassi com’io t’amo!

Eppure, o Lorenzo, in sì fieri dubbj, e in tanti tormenti, ogni qual volta ch’io domando consiglio alla mia ragione, mi conforta dicendomi: Tu non se’ immortale. Or via, soffriamo dunque e sino agli estremi. — Uscirò, uscirò dall’inferno della vita; e basto io solo; a questa idea rido e della fortuna, e degli uomini, e della stessa onnipotenza di Dio.

28 maggio.

Spesso io mi figuro tutto il mondo a soqquadro, e il cielo, e il sole, e l’oceano, e tutti i globi nelle fiamme e nel nulla; ma se anche in mezzo a tanta rovina io potessi stringere un’altra volta Teresa — un’altra volta soltanto fra queste braccia, io invocherei la distruzione del creato.