Pagina:Un giovinetto di Canzano.djvu/13

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Fiorellin de le mandorle, e da tutte
Le vaghe novellizie onde è leggiadra
10La gioventù de l’anno. E fu taluno
Che tra verzure chiuso in fresca ombría
Lui vide, e, quasi estatico, sul dosso
De l’una man posando il mesto volto,
Lungamente star fiso ora a le belle
15Correnti de l’Umano, ora ai nevosi
Del Gran-sasso dirupi. Oh! qual pensiero
A la sua mente allor movea su l’ali
Del giovenile immaginar! Fors’egli
Sentía nel cor le tenere speranze
20De’ bei giorni futuri! — Il dolce loco
Io rivedrò più mai cui bagnan l’acque
Di Viccióla e Torlído? O disïati
Miei compagni di studi, un doloroso
A me voi deste addio; ma pur — sii lieto,
25Diceanmi alcuni, e tosto a noi ritorna
Di sanità rinnovellato — Oh quanta
Allegrezza di vita a me s’appresta!
Che gioja al cor de’ miei, quand’io col lauro
In su la fronte redirò, che cinge
30A’ suoi più cari Ippocrate! Se grato
A mie cure solerti, un miserello,
Che sia presso al morir, riconfortato
Nel seren de la vita, una soave
Lagrima sparga sul mio petto, e inviti
35La sua dolce famiglia a benedirmi,
Beato io non sarò? Fior grazïoso
Di giovinezza mia, no che sì tosto
Non perderai l’onor de le tue foglie.
E perchè l’ore intorno a me più lieta