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strumenti che si erano ordinati non furono neppure all’ordine, sicchè i progetti di una serie di osservazioni fatte contemporaneamente in stazioni diverse andarono tutti in fumo. Ci limitammo quindi a trovar modo di giungere alla vetta del Monviso.
Il Monviso! Questa maravigliosa montagna, che forma la parte più originale, più graziosa e più ardita dell’impareggiabile cornice che corona ogni vista dell’Italia settentrionale: il padre del maggior fiume d’Italia: la sola cima alpina e importante, di cui pare che i romani ci mandassero memoria, il pinifer Vesulus1! Ma qual’è l’italiano non affatto insensibile alle bellezze della natura, il quale non desideri soggiogare questa splendida montagna, la cui vetta è per intiero nostra?
Ma vedi forza del pregiudizio: il Monviso era da tutti i touristes, da tutti gli arditi alpigiani che ne vivono ai piedi dichiarato affatto inaccessibile. Ed è singolare che per tanti secoli non se ne tentasse neppure la salita, mentre vennero montate parecchie cime meno rimarchevoli, e che io giudico assai più difficili. Non v’ha cacciatore alpino, o dilettante